Il Palio di Calvi
Il Palio di Calvi non fu semplicemente una corsa di cavalli.
Nel corso dei secoli rappresentò una festa, un rito e la memoria storica di una grande cittadina dell’alta Campania.
Una volta all’anno si metteva in scena uno spettacolo dal forte sapore mitologico.
Le corse di cavalli e carri costituivano uno degli sport più popolari e spettacolari nell’antica Grecia.
Lo sport traeva origine dalle usanze militari dell’epoca.
Durante le solenni celebrazioni in onore della dea Atena, gli ateniesi correvano per le vie della città fino all’Acropoli.
Il premio era un drappo di stoffa pregevole purpurea con il quale si adornava la statua della protettrice della città.
Nella penisola italica, i riti più antichi legati ai cavalli risalgono agli etruschi.
L’antico popolo allevava due razze:
- una da lavoro e da macello;
- una da corsa o da tiro importata dall’Oriente.
Nei rituali etruschi – sia quelli di matrice olimpionica che quelli commemorativi di importanti personaggi – si correvano i palii.
In un fregio del tempio di Poggio Civitate, diversi fantini corrono su cavalli montati a pelo (senza sella) con nerbi e berrette.
Il bassorilievo mostra anche il premio della corsa collocato su una colonna.
Si tratta di un lebète, un recipiente generalmente di bronzo che si dava talvolta in premio nei giochi più antichi.
Nell’antica Roma non si svolgevano corse di cavalli montati.
Gli equini erano aggiogati a un carro a due ruote guidato da un auriga (“guidatore”).
Le bighe trainato da due cavalli e le quadrighe da quattro si sfidavano nei circhi o nei primissimi ippodromi.
Infine, nel medioevo le gare si spostarono nei cuori delle città, lungo vie e piazze.
Le spettacolari feste di San Casto
La città medievale di Calvi, come l’antica Cales, fece la sua fortuna sfruttando l’antichissima strada.
Attraverso la via Latina, arrivarono nell’agro caleno la romanità, la cristianità, gli scambi commerciali, il progresso ma anche le guerre.
All’inizio, l’antico Palio fu un “campo di addestramento” dei signorotti locali impegnati a guerreggiare sui loro cavalli.
Quando poi Calvi raggiunse la tranquillità, il Palio divenne l’evento ludico delle spettacolari feste annuali in onore di San Casto.
Al patrono di Calvi e della Diocesi, la città si riconsacrava, confermando la sua costante dipendenza dal sacrificio del martire.
Dunque, il 22 maggio era considerato un tempo il giorno dei giorni dei caleni, una festività meravigliosa, sentita e partecipata.
In occasione del grande evento, il governatore della città era estromesso dalla sua carica per nove giorni consecutivi.
Gli subentrava, quattro giorni prima e quattro dopo la ricorrenza di San Casto, il Mastro di Fiera o Mastro Mercato.
Il suo incarico non era da considerarsi puramente onorifico, in quanto gli spettavano delle prerogative che esulavano dalla pura e semplice organizzazione del mercato.
Egli esercitava la totale giurisdizione sulla città e luoghi circostanti.
La devozione verso il Santo
“Il Governatore pro tempore per lo spazio di giorni nove, cioè dal 18 del mese di maggio di ciascun anno per tutti li 27 del detto mese viene spogliato della sua autorità, e giurisdizione dal Mastro di Fiera, che in occasione della festività del Glorioso S. Casto protettore di questa Diocesi, che accade al 22 maggio, governa, ed amministra giustizia.
E lasso detto tempo di nove giorni subentra di bel nuovo il Governatore, ed il Mastro di Fiera resta solo con il titolo di Grassiere per un anno intiero.
Nel dì dunque 18 maggio detto Mastro di Fiera si porta nella nostra Cattedrale accompagnato da Sindaco, e molti Cittadini à cavallo, precedendogli una bandiera, tamburri, con pifferi e trombre, ed ivi prende possesso; indi gira con lo stesso seguito tutta la Città e poi visita il Vescovo;
ed in quella mattina tiene tavola per tutti li Convitati. “(1)
Durante le festività del patrono, una folla oceanica si riversava nelle strade di Calvi Vecchia proveniente da tutto il circondario.
Il 22 maggio, tutto il clero della Diocesi partecipava nella cattedrale romanica alla celebrazione liturgica in onore del Santo.
A seguire, una solenne ed imponente processione s’incamminava verso dell’antico duomo, detto dal volgo S. Casto Vecchio.
Il corteo contemplava la presenza di soldati e cavalieri, pifferi e tamburi, bandiere e vessilli.
La città riceveva l’omaggio dei cittadini di Pietramelara ed in cambio preparava loro una tavola imbandita.
Inoltre, condedeva ai “Terrazzani di detta Terra la franchigia, & esenzione del pagamento del Passo, o vogliam dire Datio.” (2)
Nello stesso giorno e in quello precedente, tra spari e suoni, si teneva una grande e importante fiera.
Pertanto, l’ostentazione di devozione per San Casto si abbinava a un rinnovato atto di appartenenza e fedeltà verso la città.
La corsa del 23 maggio
Il Palio di Calvi si correva il 23 maggio in onore del santo patrono.
L’evento, unico nel suo genere in tutta la zona, costituiva il giusto coronamento del periodo festivo.
Il gioco contribuiva a creare un’atmosfera festosa e la festa trovava nel gioco un’espressione gioiosa di partecipazione e di coinvolgimento.
La corsa, dall’esito incerto fino al traguardo, aveva le sue regole certe.
Si correva alla lunga, cioè in linea “alle cerque di Santo Lazzaro“.
Dall’interno delle mura della città vecchia, ci si spostava all’esterno su strade sterrate e sconnesse.
Partendo dalla Cattedrale, si svoltava a sinistra e si proseguiva attraversando il Ponte dei Lanzi.
Raggiunto il bivio di Pignataro Maggiore, si deviava in direzione del centro del paese fino a spingersi più avanti.
Da qui, per la stessa strada si tornava a Calvi.
La cartina illustra con sufficienti dettagli il percorso della corsa a cavallo.
Una gran folla si assiepava lungo il tragitto, attratta dalla singolare manifestazione.
A differenza del Palio di Siena (una sfida tra le diverse contrade della medesima città), quello di Calvi era una gara a cui partecipavano i cittadini della Diocesi.
I luoghi di provenienza dei cavalieri erano:
- Calvi
- Pignataro
- Partignano
- Camigliano
- Pastorano
- Giano Vetusto
- Francolise
- Montanaro
- Sparanise
- Scarisciano
- Rocchetta
- Croce
- Ciamprisco
La partecipazione alla competizione, a volte, era affidata a qualche garzone.
Ma l’eventuale trionfo del cavallo costituiva un vanto del padrone dell’animale.
Al vincitore della prestigiosa corsa si dava in premio un Pallium, un drappo di stoffa preziosa.
Il Pallium avrebbe dato il nome alla corsa.
Pertanto, durante le ricorrenze di San Casto si portavano in scena grandi eventi.
Chiaramente la storia del Palio di Calvi non finisce qui.
Avrò comunque modo di riparlarne nei prossimi articoli.
Per adesso mi basta aver stuzzicato il vostro interesse tanto quanto il mio.
Bibliografia:
1) Maria Giuseppe Capece Zurlo, Manoscritto, 1771 – 1773
2) Giuseppe Cerbone, Vita e passione delli gloriosi martiri Santo Casto e Santo Cassio, Napoli 1685
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