Arresto nell’atrio della chiesa di Visciano nel 1777
Le chiese anticamente costituivano un rifugio invalicabile per le forze dell’ordine.
Nello specifico, godevano del diritto di asilo, ovvero l’impunità giuridica di coloro che trovavano rifugio nei suoi interni.
Giuridicamente, quindi, i luoghi sacri erano al di sopra della legge civile.
Ma col passare del tempo le cose iniziarono a cambiare.
In Italia, le leggi Siccardi del Regno di Sardegna del 1850 limitarono antichi privilegi di cui il clero godeva.
L’articolo 5 dei Patti Lateranensi del 1929 recita comunque con formula ambigua
“Salvo i casi di urgente necessità, la forza pubblica non potrà entrare, per l’esercizio delle sue funzioni, negli edifici aperti al culto, senza averne dato previo avviso all’autorità ecclesiastica”.
Tuttavia, le forze dell’ordine evitano di compiere arresti in chiesa, più che altro per evitare di turbare l’opinione pubblica.
Nell’Ottocento, coloro che violavano la legge potevano invocare il diritto di asilo rifugiandosi in chiesa o nel suo cortile.
Un fatto del genere avvenne domenica 19 ottobre 1777 nell’atrio della chiesa di Visciano.
Quattro soldati del governatore della città di Calvi si recarono nella frazione calena per effettuare un arresto.
Alla vista degli sbirri, Agostino Pezzuto tentò la fuga dalla propria abitazione, calandosi con una fune.
Ma i soldati lo acciuffarono all’interno del cortile in prossimità della porta grande della chiesa.
“L’incidente diplomatico” provocò un’energica reazione delle autorità ecclesiastiche.
Tra loro, in prima fila, vi era il sacerdote della parrocchia di San Silvestro.
La versione dei fatti del parroco
“Mi occorre rappresentare all’Eccellenza come ieri 19 del corrente, mentre andavo in chiesa, per celebrare la Messa Parrocchiale, ebbi avviso che sopra della Chiesa, ed avanti la porta grande della medesima avevano i soldati del governatore avevano dico arrestato per carcerare Agostino Pezzuto mio parrocchiano ed estrarlo fuori del recinto ed immunità di detta Chiesa, ed avendoli io domandato qual’autorità avevano loro di carcerar detto Agostino sopra della chiesa, e loro mi risposero che tal’autorità non l’avevano, e che non credevano esser quello luogo d’immunità, ed io gli dissi che tutto il recinto della chiesa è Asilo Sacro, specialmente a quelli che sono civilmente inquisiti, a tal mio risentimento li soldati senza alcuna replica lo lasciarono.
Mi dice un soldato del Governatore che mediante il permesso di V. E. che questa mattina viene uno della Corte di Calvi a speculare il luogo dell’arresto e perciò stanno tre soldati a costodire fuor della chiesa suddetta di Pezzuto qual sia cotesta loro pretenzione io non lo so, ma però sappia l’Eccellenza Sua che il danaro in tal causa opprime l’innocenza; tanto mi occorre riferire in mio discarico ed in difesa delli dritti della Chiesa restando baciarli l’orto delle sacre vesti.
Visciano oggi lì 20 ottobre 1777″
Il documento inviato alla curia calena riportava la firma del suo “amorevole servo vero” Don Crescenzo Mandara.
La replica dell’autorità civile
Immediatamente, De Martinis, un rappresentante dell’autorità civile, inviò una missiva al primicerio di Visciano Casto Zona.
“Saprà V. S. Rmo l’accaduto ieri così, cioè che essendo andati alcuni sbirri in casa di Agostino Pezzuto per carcerarlo. costui dal muro di lui casa attaccato ad una fune si menò nell’Atrio della Chiesa Parrocchiale.
Dalla corte laica si pretende che il rifuggiato non debba godere del Sagro Asilo per due motivi:
il primo perché suppone che li sbirri l’acchiapparono in aria in faccia al muro della di lui casa prima che mettesse li piedi sopra l’atrio.
Il secondo perché suppone che l’atrio non sia chiuso, stante v’é una porta del giardino del sig. D. Nicola Zona, e che v’abbiano il passaggio tutti della di lui casa.
In questa dubbiezza di cose mi ha ordinato questo mio Monsignor Vescovo che pregassi V. S. Rmo informarvi con indifferenza e sollecitandovi in che luogo, e luogo di luogo detto Pezzuto fu arrestato da sbirri e se detto atrio è serrato, o pure l’abbia per aperto, stante il passaggio di di signori Zona, e come è stato tenuto e stà praticato per l’addietro, se come luogo immune o no. Da quanto rilevasi da tal’informo, si compiaccia farne distinta relazione in dorso di questa colla maggiore prestezza possibile, acciò possa risolversi presto l’affare, il qual non patisce dilazione.
Di tanto priego V. S. Rmo, cui rassegno i miei rispetti e desideroso de vari stimatissimi comandamenti, mi raffermo.”
L’intervento del Primicerio Casto Zona
Il primicerio (latino: primicerius) era un dignitario con attribuzioni di direzione e di sorveglianza nell’ambito gerarchie ecclesiastiche.
Casto Zona, in questa veste, effettuò un sopralluogo sul luogo del misfatto nella medesima giornata del 20 ottobre 1777.
“In esequnzione ed in dissimpegno della verità, mi sono portato sopra l’atrio della chiesa parrocchiale di Visciano, ove si conserva di notte e di giorno il S. Sacramento dell’Altare; in dove ho fatto chiamare uomini probi e di timorata coscienza, e donne che ivi si ritrovarono presenti all’arresto di Agostino Pezzuto per osservare il luogo dell’arresto, il giro, il passo del signore Zona, ed avendo in segnali di ciò, con giuramento esaminati, uomini e femmine, si rileva da li esami che rimasta chiusa e sigillata a Vostra Illustr. che l’arresto seguì sopra dell’atrio chiuso, non già per aria;
l’atrio è chiuso e sempre come prova la circonferenza del muro di detto Atrio, si è tenuto per immune ed aperto dalla Giurisdizione Laicale così si è pratticato ab antiguo, nè mai li Governatori laicali hanno violentata detta Immunità, non ostante che li signori Zona passano per l’atrio della chiesa per andare ad un suo giardino per uso proprio, la di cui porta si vede sempre chiusa a questo passo perché stà nell’Atrio Chiuso di detta Parrocchiale sempre si è stimato per immune e aperta dalla Giurisdizione Laicale da questo publico e così si è pratticato, e non mai si è eseguita carcerazione veruna questo è quanto mi occora riferirle oggi li 20 ottobre 1777.”
I testimoni di Visciano
Al fine di ricostruire l’esatta dinamica dei fatti, furono sentiti diversi testimoni presenti sulla scena.
Nello specifico:
- Gaetano Zona del fu Antonio di anni 50
- Antonio Lambiase del fu Ignazio di anni 30
- Rosa Grillo, vedova, di anni 50 circa
- Margarita Cipro, moglie di Michele Martino, di anni 40 circa
- Maria Prata, moglie di Vincenzo, di anni 50 circa
- Nicola Zona del fu Ettore di anni 50 circa
- Michele Martino di Gaetano di anni 40 circa
- Pietro Cipro del fu Crescenzo, di anni 40 circa
fornirono la medesima versione dei fatti.
Domenica 19 ottobre, prima della celebrazione della messa, alcuni di loro erano seduti sul muro del cortile della chiesa.
Altri invece percorrevano la strada adiacente.
Ad un certo punto, videro entrare in un portone sulla via pubblica (l’attuale Via Garibaldi) quattro soldati della città di Calvi.
Il capomanipolo Andrea Gallina e tre suoi commilitoni dovevano arrestare Agostino Pezzuto.
Il viscianese, alla vista degli sbirri, tentò la fuga, calandosi con la fune all’interno dell’atrio della chiesa.
Ma, rimanendo impigliato con i piedi nella corda, cadde a terra al centro del cortile.
Immediatamente accorsero i soldati, i quali tentarono di portarlo fuori con la forza.
Il parroco don Crescenzo Mandara intervenne a difesa del Pezzuto, deplorando vivamente la condotta dei militi.
Per quanto concerne il passaggio di Nicola Zona, all’unisono dichiararono che il cancello per accedere alla sua proprietà era sempre chiuso.
Inoltre, il cortile della chiesa godeva da sempre dell’immunità dalla “giurisdizione laicale“.
Il procedimento giudiziario si svolse davanti al Tribunale ecclesiastico della diocesi di Calvi.
L’esito fu scontato.
Il fermo operato nel cortile del luogo sacro fu dichiarato illegittimo per il diritto di asilo.
Tuttavia, non è dato sapere la sorte toccato all’arrestato.
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