L’introduzione del culto di San Nicandro a Petrulo
Oggi, 4 novembre, ricorre la festività di San Nicandro Vescovo, patrono di Petrulo.
Il protettore Nicandro, all’inizio del cristianesimo, si avvicinò all’idea dell’esistenza di un solo Dio in tre persone distinte e consustanziali.
Il giovane credente ricevette l’ordinazione sacerdotale nel I secolo d.C. dal Vescovo di Creta, l’apostolo Tito.
Nominato Vescovo di Myra in Licia, sede di un’antichissima comunità cristiana nei pressi del promontorio di Demre nell’odierna Turchia e cattedra nel III° d.C. anche del più noto San Nicola, riuscì con la sua opera di evangelizzazione a convertire ben presto alla fede cristiana gran parte della popolazione locale.
Lui e il suo anziano sacerdote Ermeo subirono una denuncia davanti al governatore Libanio per attività sovversiva.
I due cristiani furono picchiati e poi trascinati per la città a faccia in giù dopo essere stati legati con una corda dietro a dei cavalli.
In seguito, sospesi ad un cavalletto, furono prima presi a bastonate e poi gettati nel fuoco.
Usciti miracolosamente indenni dalle fiamme, il tiranno ordinò di conficcare dei chiodi nei loro corpi.
Infine, ancora vivi, li seppellirono in una tomba e la ricoprirono di terra.
I due martiri di Licia, Nicandro Vescovo ed Ermeo, furono inseriti da Cesare Baronio nella festa liturgica del 4 novembre.
Altro San Nicandro martire
Altra storia invece è quella di San Nicandro martire e Marciano.
I due ufficiali dell’esercito romano aderirono alla fede cristiana e rifiutarono di compiere rituali alle divinità pagane.
Il 23 febbraio 302 l’imperatore Diocleziano emanò un editto persecutorio nei confronti dei nemici del culto pubblico.
Secondo il Breviarium Syriacum, redatto a Odessa nel novembre del 411 in base al Martirologio di Nicomedia, il 5 giugno, presumibilmente del 303, nella Mesia e precisamente nella città di Tomi, l’attuale Costanza, furono giustiziati Marciano ed altri tre, tra i quali, stando a successivi documenti, è da comprendere Nicandro.
Invece un’antica Passio Nicandri et Martiani li considera martirizzati il 17 giugno senza indicare l’anno e la località.
Nel corso del tempo, a queste fonti orientali se ne aggiunsero altre occidentali.
Alcuni codici del Geronimiano attribuiscono a Capua i due martiri.
Una Passio indica come luoghi di sepoltura Venafro per Nicandro e Atina per Marciano e un altro Venafro per entrambi.
Infine, l’ultimo distingue un Nicandro morto ad Atina da un altro a Dorostoro in Bulgaria.
I martiri delle regioni danubiane furono onorati in Italia dalla fine del IV secolo.
Il culto di Nicandro e Marciano si diffuse a Ravenna, Roma, Venafro, Capua, Napoli e in altre località della Campania e Puglia.
I monaci basiliani
Nel “Pagus Petruri“, invece, la nascita della devozione a San Nicandro vescovo risale intorno all’anno 1000.
Infatti, un’iscrizione collocata sull’arcata della porta centrale della “chiesa vecchia” riportava la data 1106.
Che tale culto fosse importato non vi sono dubbi, dovendo dare per certo che la nascita del borgo avvenne nell’800/900.
La prima attestazione dell’esistenza di Petrulo è contenuta in un antico calendario e necrologio del monastero di San Benedetto di Capua, dal quale si rileva che l’alto dignitario longobardo Aldemario, Conte di Calvi e Petrulo, era deceduto a maggio di un imprecisato anno.
Aldemarius Comes Calvi, & Petruri. Off. & Mis. (1)
Da un’altra fonte apprendiamo che il Conte morì il 24 maggio del 973.
Ma il grande dilemma è chi possa aver introdotto il culto nel nostro territorio di un santo poco diffuso in Italia.
Secondo la tradizione, la venerazione di San Nicandro fu trapiantata dai monaci basiliani chiamati da qualche barone locale.
Non vi nascondo che anch’io, inizialmente, ho dato voce a questa ipotesi.
Ma poi leggendo e consultando documenti d’archivio, ho cambiato radicalmente il mio pensiero.
Innanzitutto, ritengo inverosimile che i seguaci di San Basilio apparvero a Petrulo molti anni dopo il loro arrivo in Italia.
In effetti, nella prima metà dell’VIII secolo, sotto l’imperatore d’oriente Leone III Isaurico, i monaci basiliani di rito greco, coinvolti nella lotta iconoclastica, furono costretti ad emigrare nelle località dell’Italia meridionale, dove si traferirono con le loro reliquie e con le loro icone, per sfuggire ai provvedimenti isaurici che bandivano il culto delle immagini e dove già vivevano ristrette colonie greche o armene lasciate durante e dopo la guerra ostrogoto-bizantina combattuta tra il 535 e il 553 dalle armate bizantine di Narsete.
Ma anche per altri aspetti, appare poco convincente l’ipotesi primordiale, scevra di qualsiasi appiglio.
L’introduzione del culto da parte dei capuani
Pertanto, mi sono fatto persuaso, come direbbe il commissario Montalbano, che i fatti si svolsero diversamente.
Il culto di San Nicandro a Petrulo fu introdotto dai capuani che avevano strettissimi legami con la nostra terra.
Dopo la morte del vescovo longobardo di Capua Landolfo II, il nipote Atenolfo costruì nell’879 il Castello di Calvi.
Nell’881, i signori feudali di Capua edificarono la “civitas nova” di Calvi, in assoluto la prima città incastellata.
Nello stesso periodo, Petrulo entrò nella sfera d’influenza e di potere dei capuani.
Basti considerare che l’alto dignitario longobardo Aldemario fu conte di Calvi e Petrulo,
Infine, le degnissime Matthia e Sichelgarda, discendenti da nobili famiglie del Castrum Petruri, le ritroviamo abbatesse del monastero delle monache di S. Maria in Capua dal 1167.
Tornado al santo, un’ecclesia S. Nicandri nella città di Capua è già menzionata nel 1052.
Leone Marsicano e Pietro Diacono riferirono che i fratelli Landenolfo e Adenolfo, nobili della città di Capua, insieme con Pietro loro nipote, offrirono per intero al Beato Benedetto gli averi, le eredità e i possedimenti che avevano in tutto il principato capuano con la chiesa di S. Nicandro che era ivi costruita.
… cum ecclesia Sancti Nicandri quae ibidem constructa est. (2)
Successivamente, si diffuse nel territorio capuano anche la venerazione a S. Marciano, anche se in verità sembra piuttosto tardiva.
Nel 1216 si menzionava per la prima volta nei documenti un’ecclesia S. Nicandri et Martiani che sorgeva a Capua.
Michele Monaco annotava in un calendario:
“Nicandri et Marciani martirum.
De his kalendaria et martyrologia.
In officio tres lectiones sumpta ex integro textu quem habemus in nostro C(apitulo).
In Thesauro Capuano asservatur brachium S. Nicandri.” (3)
Quindi, ritengo che i capuani furono i portatori e i diffusori della fede in San Nicandro nel territorio caleno.
Il rafforzamento del culto
Col tempo, la venerazione di San Nicandro a Petrulo si rafforzò ulteriormente, mentre a Capua andò scemando per poi scomparire.
Nell’estimo della Diocesi di Calvi, la decima degli anni 1308–1310 riportava che per la chiesa di San Nicandro, valendo sette tarì e mezzo, si pagavano quindici grana.
“Et pro ecclesia S. Nicandri que valet tar. VII 1/2 solvit gr. XV “(4)
La decima del 1326 evidenziava, invece, che il primicerio Iuliano versava quattro tarì e cinque grana per le chiese di San Nicandro ed altre.
“A primicerio Iuliano pro ecclesiis S. Nicandri, S. Nicolai de Pizano, S. Martini pro decima domini Iacobi capuani, pro decima Landucelli de Franco, pro ecclesia S. Stephnani, S. Maximi, S. Leonardi et s. Iuliani tar. IIII°, gr. V, pro beneficio tar. I.” (4)
L’anno seguente, il medesimo primicerio pagava sette tarì e dieci grana.
“A primicerio Iuliano pro ecclesia S. Nicandri, S. Nicolai, S. Martini, S. Leonardi, S. Iohannis de Monte, S. Stephani et S. Maximi ac decima domini Landulfi de Franco tar. VII, gr. X.” (4)
Tra il 1400 e il 1500, la chiesa vecchia di San Nicandro accolse un numero crescente di fedeli.
Gli abitanti dei nuovi borghi dei Martini di Visciano, Visciano e Zuni si recavano a Petrulo per ascoltare la messa.
La chiesa, come si evince dalla santa visita del vescovo Maranta nel 1583, era distante mezzo miglio dal caseggiato.
Solo successivamente, ne fu costruita un’altra in prossimità del centro abitato.
Bibliografia:
1) Francesco Maria Pratilli, De Kalendario et necrologio monasterii S Benedicti cassinensium Capuae, in Camillo Pellegrino, Historia principum Langobardorum, Napoli, 1754, tomo V, p. 69
2) Leonis Marsicani et Petri Diaconi, Chronica sacri monasterii casinensis
3) Michele Monaco, Santuario capuano, Napoli 1630
4) Mauro Inguanez, Leone Mattei-Cerasoli, Pietro Sella, Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV – Campania – Città del Vaticano 1942
© Riproduzione riservata