I soprannomi caleni (4° parte)
La saga dei soprannomi è arrivata alla quarta puntata.
La raccolta e la divulgazione dei nomignoli rappresentano uno straordinario percorso intellettuale e sociologico.
L’intento è di ripercorre le vicende personali dei caleni, per non dire di un’intera epoca della nostra storia recente.
Di seguito un ulteriore elenco di soprannomi.
Uogliu finu
Nicola Ferra possedeva un Ape Piaggio.
Girava nelle frazioni calene e nei paesi limitrofi con il veicolo commerciale leggero vendendo olio, olive, alici, capperi ed altro.
L’ambulante annunciava il suo arrivo gridando: “uogliu finu”, “uogliu finu”.
Bacio facile
Domenico Melese era soprannominato così.
L’audace uomo si presentava alle donne come un don Giovanni, un seduttore dal bacio facile.
Il suo modus operandi lo rese estremamente simpatico agli occhi dei caleni.
Furbacciegliu
Ersilio Caparco era un signore di Visciano.
Sin da giovane mise in evidenza comportamenti astuti.
I concittadini reputarono le sue azioni finalizzate unicamente al tornaconto personale e non al vantaggio comune.
Per tali ragioni gli attribuirono l’epiteto.
Picci Pecce
Giuseppe Leone svolgeva il mestiere di muratore.
Nei discorsi era solito farfugliare.
I viscianesi utilizzarono le parole “picci pecce” per sottolineare la ripetizione dei termini.
Invece, secondo i familiari, Giuseppe da piccolo era capriccioso e lagnoso.
Da ciò scaturì il soprannome “picci pecce”.
Prima parte
Mesce
Maria Serafina Del Mese nacque a Pastorano il 2 maggio 1852 da Francesco e Maria Rosa di Vittoria.
Il 14 febbraio 1874 sposò il zunese Giuseppe Silvestro Caliento.
I coniugi fissarono la loro residenza a Zuni in via Piazza n. 14.
Gli abitanti del posto, in virtù dell’inusuale cognome della donna, le attribuirono il nomignolo “a mesce“.
Questo soprannome è stato tramandato da generazione in generazione,
Adesso è passato sulle spalle del pronipote Girolamo Izzo, detto “Gino u mesce“.
Zi monucu
Raffaele di Lettera da piccolo portava una frangetta.
Inoltre, faceva il chierichetto nella chiesa di San Nicola a Zuni.
In veste di ministrante e con quel particolare taglio di capelli, aveva le sembianze di un frate cappuccino.
I compaesani ne approfittarono per soprannominarlo prima “u munaciegliu” e poi “zi monucu“.
Padre cauzone
Franco Ferraro era una bravissima persona.
Da giovane, aiutava il gestore del cinema a Petrulo a tenere a bada i bambini e i ragazzi che frequentavano il locale.
Successivamente lavorò alla pompa di benzina di Dovilio Carletti e poi a quella di Gambardella al “Seminario”.
Franco era chiamato “padre cauzone” per via della sua camminata lenta e del suo modo di vestire.
Craparu
Pasquale Elia, classe 1901, era uno stimato agricoltore.
Specificatamente, possedeva un gregge di capre.
Dagli ovini munti a mano, ricavava un ottimo latte che vendeva per il consumo quotidiano e la produzione di formaggi.
Seconda parte
Spaventapasseri
Salvatore Fusco catturava i cardellini con le reti alle “Vreccelle” in località Cerreto a Calvi Risorta.
Gli uccelli passeriformi erano poi venduti ai paesani.
Chi non aveva i soldi, pagava in natura.
Spesso li piazzava fuori paese trasportandoli in una gabbietta coperta con un lenzuolo.
Purcaru
Giuseppe Leone era un allevatore di porci.
Faceva partorire le scrofe ciclicamente senza rischiare di far scacciare i maialini.
Quest’ultimi poi erano venduti nelle fiere e nei mercati.
Gereminu senza uaragnu
Geremia Leone era un amante degli animali.
Raccattava i cani randagi e li portava a casa, prendendosi cura di loro senza alcun tornaconto.
Da allora a tutti quelli che in paese svolgevano un’attività senza scopo di lucro dicevano
“m’ pari Gereminu senza uaragnu“.
Sp’zzatella
Luigi Mele da ragazzo giocava spesso a biliardino (calciobalilla).
Nelle sue partite tra amici era solito perdere.
Un giorno, un avventore del bar gli disse:
“t’ l’accattassi ‘e sp’zzatelle“, cioè:
invece di spendere soldi inutilmente, per lui sarebbe stato meglio comprare e mangiare le castagne sbucciate e secce.
Da quel momento lo chiamarono “Gino sp’zzatella“.
Pannazzaru
Antonio Di Nardo viveva a Petrulo.
L’uomo era un venditore di panni.
Oltre l’abbigliamento, commercializzava le stoffe al metro più adatte a soddisfare le esigenze personali.
Brigitell’
Anna e Brigita Capuano erano due sorelle non sposate di Zuni.
Abitavano in via delle Vigne (“ncimma e Vizzi“) e vivevano in simbiosi.
Insomma, si comportavano da gemelle senza separarsi mai.
Quindi, una coppia inscindibile la etichettavano come “l’ doi brigitell’”.
Terza parte
Spilapippa
Giuseppe Capuano è nato negli anni ‘60.
Dopo quattro anni, i genitori si separarono.
A quei tempi, il primogenito maschio si affidava al padre.
Ma, dopo un anno il bambino fu assegnato alla mamma.
Quando lo portarono a casa, essendo mingherlino, la nonna esclamò:
“m’ pare propriu nu spilapippa“.
In pratica, era esile come il ferro sottile utilizzato per pulire il condotto della pipa.
Cannone
Pietro Migliozzi, il trisavolo di Giuseppina Ventriglia, era soprannominato “Cannone”.
L’uomo, dotato di notevole altezza e fisicità, lavorava nei campi e toglieva le erbacce infestanti intorno alle piante (scellecà).
I suoi amici, quando si alzava, affermavano:
“Se’ izatu u cannone“.
In pratica, Pietro Migliozzi sembrava la canna lunga di un cannone, essendo molto alto.
Mamma chiatta
Pasquale Romeo era originario di Santa Maria C. V.
Fattorino sugli autobus, aprì un negozio per aggiustare le bici in Corso Nazionale n. 9 a Visciano.
Arrivato a Calvi in giovane età, un individuo gli chiese a chi fosse figlio.
Indicandola semplicemente con un dito, Pasquale rispose:
“sono il figlio di quella signora chiatta chiatta“,
Da allora lo soprannominarono “mamma chiatta“.
Zizza tosta
Maria Leone è una signorina conosciutissima in paese.
Da giovane era apprezzata per le sue tette.
Il portamento, unito ad un reggiseno con un adeguato sostegno, metteva in evidenzia un bel seno, sodo e tonico.
Adesso, le donne, pur di averlo, sono disposte a rivolgersi alla chirurgia estetica.
Quarta parte
Barbera
Francesco Pellino abitava a Visciano.
Il papà svolgeva il mestiere di barbiere.
Il soprannome, quindi, scaturì dalla professione esercitata dal genitore.
Pauriegliu
Michele Santillo viveva in Via Cales.
Di bassa statura, era solito mettere paura alla gente.
Secondo alcune fonti, il Santillo lanciava dei rospi addosso alle persone che transitavano lungo la strada.
Il soprannome, al femminile, passò alla figlia Anna Rosa detta “Anninella a Paurella”.
Mulinaru
Antonio Maria Alessandro Delle Fave nacque il 16 maggio 1886 a Petrulo.
Abitava all’inizio di via Maestra, l’attuale via XX Settembre.
Con molti sacrifici, impiantò un mulino adiacente la sua casa per la molitura del frumento.
U escu e Nola
Clelia Persichilli era di chiare origini non calene.
La donna aveva un nonno bellissimo.
All’antenato, somigliando molto al vescovo di Nola, gli affibbiarono il nomignolo “u escu e Nola“.
Cosicché il simpatico epiteto si estese al nucleo familiare.
Quando poi Clelia si unì allo zunese Antonio De Micco, il soprannome “u escu e Nola” passò a quest’ultimo.
Baccalà
Pasquale Marrapese era nato nel 1877.
Sin da ragazzo non amava oltraggiare le divinità cristiane con le bestemmie.
Ma imprecava sempre contro il baccalà, ripetendo:
“manneggià baccalà … manneggià baccalà“.
Dal primo momento che sentì pronunciare queste frasi, il nipote iniziò a chiamarlo Pasquale baccalà.
Piscittone
Salvatore Di Girolamo era il figlio di Antonio.
Nei giorni festivi, solitamente giocava a bocce con un gruppo di amici in località Riello a Zuni.
Nelle partite voleva sempre vincere a tutti i costi.
Stanco delle sue continue polemiche, un giorno, uno dei presenti esclamò:
“Si propriu nu piscittone“.
Mercante
Giovanni Bovenzi esercitava professionalmente un’attività commerciale legata agli animali.
Nello specifico, era un venditore di maiali.
Concludeva gli affari soprattutto nelle fiere.
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