Zuni agli inizi del 1700
Zuni è così chiamata perché i primi abitanti ad insediarsi alle pendici del Monte Coricuzzo appartenevano alla famiglia Zona.
Storicamente e fino alla prima metà del 1800, il casale era chiamato anche Zoni.
La notizia si ricava dal “Dizionario geografico-istorico-fisico del Regno di Napoli” (Tomo IV) dell’Abate D. Francesco Sacco del 1796.
Inoltre, la stessa informazione si ritrova nella “Istorica descrizione del Regno di Napoli” dell’incisore Giuseppe Maria Alfano del 1823.
L’antico centro abitato era situato in leggera altura e in posizione dominante sulla valle sottostante.
Nel borgo le prime abitazioni iniziarono a comparire lungo la salita e nei dintorni di Via Delle Vigne (“ncimma e vizzi “).
Successivamente, ad una certa distanza dal villaggio, fu costruita una dimora rustica cinquecentesca.
Dopo due secoli, la famiglia Zona innalzò di fianco al fabbricato il palazzo baronale.
I credenti zunesi, non avendo un proprio luogo di culto, furono costretti per necessità a servirsi della chiesa di San Nicandro a Petrulo o della Cattedrale di Calvi Vecchia.
Nel corso degli anni, si rese improcrastinabile la costruzione di un tempio per dare maggiore comodità ai sempre più numerosi fedeli.
La chiesa va ascritta al merito di tutto il popolo di Zuni, che la edificò tra il 1623 e il 1650 ai tempi del Vescovo Gennaro Filomarino.
Il 16 ottobre 1695 diventò parrocchia e luogo di culto cristiano in virtù di pubblico istrumento rogato dal notaio Carlo Antonio Zona del casale di Visciano della Regia Città di Calvi.
La chiesa di San Nicola
La cappella, al momento della sua costruzione, era costituita da una sola navata di limitate dimensioni.
Inoltre, avendo l’entrata principale orientata a levante, si presentava ruotata di diversi gradi in senso antiorario rispetto alla posizione attuale
“con la porta grande ad oriente e la piccola nanzo occidentata (orientata) a mezzogiorno “.
La struttura era impreziosita da cinque finestre,
“due per ogni muro laterale et una sopra la porta grande … chiuse con tela e telari “.
All’interno, l’edificio religioso aveva due altari.
Oltre a quello intitolato a San Niccolò, nel 1719 si aggiunse un secondo dedicato alla Vergine Santissima del Rosario.
Per di più, non vi erano “stalli ò sedie, ma solo due scanni di tavole per sedere in occorrenza di officiare o altro simile “.
La sacrestia era stata realizzata ad occidente senza alcuna finestra e coperta da una volta a cupola.
All’esterno, il campanile a vela, posizionato sulla facciata principale, ospitava una sola campana acquistata a Riardo
“e che i Riardesi la levarono da una loro chiesa in tempo che vi fecero l’altra più grande “.
Il tempio era leggermente distanziato dall’abitato “non esservi edificio alcuno attaccato ad essa chiesa, ma star in isola “.
La comunità zunese festeggiava San Niccolò, il SS.mo Rosario nella 1° domenica di ottobre e San Casto il 22 maggio.
L’antica festa di San Nicola
Quella del Santo Patrono si celebrava il 6 dicembre e il clou delle celebrazioni era la preghiera serale che iniziava con il canto dei salmi, proseguiva con le preghiere di rito e terminava “con sparo di piccoli mortaretti, et altro poco fuoco artificiato “.
Per di più, si disputava “il Palio a tirar con le scoppette al Bianco in questo giorno, et alcune volte nelli seguenti ancora “.
Era una specie di tiro a segno in quanto scoppetta significa fucile vecchio e sgangherato.
I festeggiamenti proseguivano e per “alcuni giorni si radunano molti di questa villa su dell’Atrio seu (o) cortile incomune di questa Chiesa a giocare a carte o alle boccie, et altri a sonarvi e cantare oscenamente anco di notte senza riguardo o timor di Dio “.
Per le stradine della parrocchia non si svolgevano processioni perché il parroco asseriva che “nelli giorni di San Marco, come delle Rogazioni Corpo di Cristo e S. Casto sono tenuto a portarmi unitamente con li pochi eletti di questa Parochiale nella Cattedrale, dove si fanno tali processioni “.
Particolarmente suggestiva era la processione del “Corpus Domini “.
Il corteo, preceduto dalla croce della Cappella del Corpo di Cristo della Cattedrale di Calvi, era composto via via dai confratelli incappucciati della suddetta cappella “vestiti di sacco e cappuccio bianchi ” con i ceri accesi, dai “li curati di Visciano e Zuni “, dalla croce del Capitolo, da altre autorità ecclesiastiche, dal “Pallio”, le cui aste erano sorrette dal ceto nobile locale, con il Vescovo che teneva tra le mani l’Augustissimo Sacramento nell’ostensorio a raggiera e da tutto il popolo.
Il corteo processionale, sfilando per Calvi Vecchia senza sostare in alcun luogo e cantando il Te Deum e altri salmi, rientrava in Cattedrale, dove al culmine delle celebrazioni si riponeva l’eucarestia nel Tabernacolo.
La popolazione
Agli inizi del 1700 il villaggio aveva una popolazione di 185 abitanti dediti all’agricoltura, coltivando sul loro territorio grano, mais, legumi, frutta in genere, canapa, olio e vino, e all’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini e animali da cortile.
Le capre, però, attraversando frequentemente di notte e di giorno la borgata, sporcavano il cortile.
Solitamente gli zunesi si recavano a Visciano per attingere l’acqua dal pozzo
“dentro del quale vi è una corrente d’acqua bellissima e quasi continuamente s’estrahe l’acqua da quelli di Visciano, Martini e Zoni “.
Gli amministratori dei beni ecclesiastici duravano in carica un anno fino al primo sabato di maggio poiché
“nella prima domenica di esso mese ogni anno si eliggono li nuovi, ò pure si confermano ò gli stessi, ò uno di loro con l’elezione del compagno nuovo “.
La Villa non aveva un cimitero, ma sotto il pavimento della chiesa vi erano due fosse comuni che non erano
“ne sotto gli Altari ne sotto le travette di essi; queste sepolture sono una per li mascoli et una per le femine, manca quella de gli Innocenti “.
I casati
Per la tumulazione di un defunto maggiorenne nelle cavità ipogee della cappella, si richiedeva il pagamento di settantacinque grana.
Per un minorenne, invece, rivendicavano solamente dodici grana e mezzo.
La condizione, però, era che le famiglie dei deceduti non fossero povere.
In quegli anni, la cura delle anime era affidata a don Domenico Zona di anni 57 senza la “patente di confessione” perché l’incarico gli fu affidato oretenus (oralmente) dal Primicerio di Calvi D. Agostino Zona assistito dagli amministratori dell’Altare Maggiore Nicola Zona del fu Antonio e Francesco Izzo, tutti di Zuni.
Nella comunità non mancavano certo gli studiosi e le persone colte.
Uno di questi era il Dottore in Fisica don Geronimo Zona, sacerdote semplice, non confessore e senza facoltà di predicare.
L’altro, Giovanni Tidone, esercitava nel villaggio “l’Arte di Medicina “, pur essendo avviato al sacerdozio e alla vita religiosa nel seminario di Capua.
Tra i casati più rappresentativi dell’epoca trovavamo: Zona, Santillo, Capuano, Izzo, Caparco, Migliozzo, Di Caprio, Scialdone, Tidone, ecc.
Di questi, alcuni sono scomparsi, qualcun altro ha subito trasformazioni.
Questo spaccato che è emerso a tutto tondo non è fine a se stesso ma vuole essere un contributo per delineare un quadro complessivo della vita e della cultura calena.
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