L’avanzata delle truppe garibaldine
Le disfatte registrate in Sicilia e nelle Calabrie indussero il re a concentrare l’esercito borbonico a Capua e dintorni.
Garibaldi, che si trovava già a Salerno, fu invitato il 6 settembre 1860 da Liborio Romano a raggiungere Napoli.
Il condottiero, aiutato dalla buona sorte, il 7 settembre fu accolto trionfalmente nella capitale del Regno delle Due Sicilie.
Liborio Romano, seduto in carrozza alla destra del dittatore, ricorda l’episodio nelle sue memorie: “E Garibaldi, spettacolo sublime ed indescrivibile, entrava in Napoli, solo inerme e senza alcun sospetto; tranquillo come se tornasse a casa sua, modesto come se nulla avesse fatto per giungervi! ”
Quando Garibaldi entrò nella città partenopea, il suo esercito era molto lontano.
Le camicie rosse occupavano ampie zone dalla Calabria a Salerno.
E così, pian piano iniziarono a risalire le provincie meridionali per raggiungere la Campania ed accamparsi a Napoli, Caserta, Maddaloni e Santa Maria C. V.
Il Generale Giosuè Ritucci, comandante in capo dell’esercito borbonico, fu informato del rafforzamento delle forze nemiche a Santa Maria.
Dopo una ricognizione del capitano Giovanni Giobbe, decise di assalire il 13 settembre le milizie garibaldine.
Prescelta la 2° Divisione, ordinò alle brigate di Won Mechel e Polizzy di prepararsi ad attaccare.
Malgrado ciò, i reggimenti di quest’ultimo giunsero tardi sul campo di battaglia.
Il piano dei regi fallì miseramente.
Il rafforzamento della linea di Calvi
Il generale napoletano differì l’offensiva sulla roccaforte garibaldina.
Inoltre, il 13 settembre 1860 modificò il piano di dispiegamento delle sue truppe.
A Calvi, oltre alla Compagnia Carabinieri Esteri e la batteria n. 15 di cannoni rigati dispiegati il 7 settembre, dislocò il comando della 2° Brigata della 2° Divisione:
- Comandante: Brigadiere Giovanni Luca Won Mechel
- Stato Maggiore: Capitano Luigi Delli Franci
- 1° Tenente Giuseppe Ferrara
Inoltre, nelle altre frazioni furono schierati:
- il 9° Battaglione Cacciatori capitanato dal maggiore Giuseppe Scappaticci a protezione di Visciano;
- il 10° Battaglione Cacciatori capeggiato dal tenente colonnello Luigi Capecelatro a guardia di Zuni e Petrulo.
Le due unità militari furono assegnate alla 1° Brigata del generale Vincenzo Polizzy.
L’armata napoletana fu disposta tra il Volturno e il Garigliano.
La retroguardia aveva a sinistra il litorale tirrenico, propizio allo sbarco di nemici, e a destra una lunga catena montuosa.
Pertanto, si rese necessario elaborare le strategie di difesa da adottare in caso di aggressione improvvisa.
All’uopo, il maresciallo di campo Ritucci ritenne che le truppe borboniche di Calvi avrebbero soccorso quelle di Teano, se l’incursione fosse partita dal mare.
Viceversa, nell’altro caso.
Ad ogni modo, i soldati di stanza a Bellona dovevano raggiungere Calvi per rinforzare la difesa in caso di attacco dal mare o dagli Abruzzi.
Per due mesi, la cittadina calena si trasformò in un viavai di soldatesche prima della riunificazione dell’Italia.
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