Quinto Fufio Caleno
Nel 48 a.C., Quinto Fufio Caleno, il più grande condottiero della storia di Cales, raggiunse le coste della Grecia.
Una volta ricevute in sottomissione l’Etolia, l’Acarnania e l’Anfilochia, grazie a Cassio Longino e Calvisio Sabino, Cesare ritenne opportuno attaccare l’Acaia e procedere un po’ oltre.
E così inviò in quel luogo Q. Caleno, insieme a Salino e Cassio con le loro coorti.
Alla notizia del loro arrivo, Rutilio Lupo, che era stato inviato da Pompeo a governare l’Acaia, diede ordine di fortificare l’istmo per tenere Fufio lontano dall’Acaia.
Caleno ottenne la sottomissione spontanea di Delfi, Tebe e Orcomeno.
Prese con la forza alcune città e si adoperò, mediante l’invio di ambasciatori, per portare le altre a un accordo con Cesare.
Queste attività assorbirono quasi completamente Fufio.
“Aetolia, Acarnania, Amphilochis per Cassium Longinum et Calvisium Sabinum, ut demonstravimus, receptis temptandam sibi Achaiam ac paulo longius progrediendum existimabat Caesar. Itaque eo Calenum misit eique Sabinum et Cassium cum cohortibus adiungit. Quorum cognito adventu Rutilius Lupus, qui Achaiam missus a Pompeio obtinebat, Isthmum praemunire instituit, ut Achaia Fufium prohiberet. Calenus Delphos, Thebas, Orchomenum voluntate ipsarum civitatium recepit, nonnullas urbes per vim expugnavit, reliquas civitates circummissis legationibus amicitia Caesari conciliare studebat. In his rebus fere erat Fufius occupatus.” (1)
La sottomissione della Grecia
Cesare radunò i suoi soldati.
Dopo averli avvertiti che stavano arrivando due legioni agli ordini di Cornificio e che quindici coorte comandate da Caleno erano accampate tra Megara e Atene, chiese se preferissero attenderle o affrontare da soli la battaglia.
I soldati si misero a gridare e lo pregarono di non attendere oltre ma di andare allo scontro il più presto possibile. (2)
Durante la guerra civile romana, la città di Megara parteggiò per Pompeo, e resistette vigorosamente al legato di Cesare, Q. Fufio Caleno, per cui dovette subire un trattamento particolarmente duro da parte del vincitore.
“Fufio, dopo aver fatta una gran strage di molti di loro, vendè gli altri;
ma temendo però, che una tal cosa non producesse l’esterminio di tutta la Città, vendè i Cittadini ai loro amici, e congiunti, e li vendè a vilissimo prezzo, acciò fossero restituiti in libertà.” (3)
Sempre a Megara, “Cesare fece portare via da Q. Fuio Caleno (legatus pro praetore inviato a occupare l’Acaia) i leoni preparati per i giochi dell’edilità, i quali in ogni caso sarebbero stati tolti non a Gaio Cassio ma al fratello Lucio Cassio Longino.” (4)
Intanto, Marco Porcio Catone Uticense, insieme ad altri, si spostò nel Peloponneso con la speranza di occupare l’omonima regione.
Qui, “avendo ricevuta in lega” la città di Patrasso, si unirono a lui anche Petreio e Fausto Silla.
Tuttavia, avendo Fufio Caleno condotto l’esercito contro di loro, levarono le ancore e si trasferirono a Cirene in Africa. (3)
Fufio occupò Patrasso senza combattere, “a motivo del terrore messo già prima a Catone“.
Nella battaglia finale, Pompeo e Cesare si affrontarono a Farsalo, dove quest’ultimo sconfisse il rivale.
La Guerra Alessandrina
Successivamente, Fufio Caleno prese parte alla Guerra Alessandrina.
Cesare, trattenutosi pochi giorni in Asia, aveva udito che Pompeo era stato visto a Cipro.
Congetturando che si dirigesse in Egitto, date le sue relazioni con questo regno e per le comodità che esso offriva, con una legione alla quale aveva dato ordine di seguirlo dalla Tessaglia, e con un’altra che aveva fatto condurre dall’Acaia dal luogotenente Quinto Fufio, con ottocento cavalieri e con dieci navi da guerra di Rodi e poche altre dell’Asia, giunse ad Alessandria.
“Caesar paucos dies in Asia moratus, cum audisset Pompeium Cypri visum, coniectans eum in Aegyptum iter habere propter necessitudines regni reliquasque eius loci opportunitates cum legione una, quam se ex Thessalia sequi iusserat, et altera, quam ex Achaia a Q. Fufio legato evocaverat, equitibusque DCCC et navibus longis Rhodiis X et Asiaticis paucis Alexandriam pervenit.“(5)
L’invio della missiva a Caleno in Acaia fu confermata da Aulo Irzio:
“Nam cum ipse paucas in portu navis longas haberet, litteras in Achaiam ad Q. Calenum misit, uti sibi classem mitteret.” (6)
Le legioni cesariane erano formate da tremiladuecento soldati.
Infatti, Cesare, confidando nella fama delle imprese compiute, non aveva esitato a partire sia pure con poche forze.
Ad Alessandria apprese la morte di Pompeo e si dispiacque alla vista della testa mozzata di quest’ultimo.
Il 26 marzo del 47 a.C., l’esercito cesariano riuscì a sbaragliare le truppe del re egizio.
L’elezione a Console
Dopo gli avvenimenti in Egitto, Quinto Fufio Caleno ritornò a Roma.
Nei primi giorni di ottobre del 47 a.C., Giulio Cesare lo nominò Console insieme a Publio Vatinio.
Nel Fasti Capitolini, si legge:
Eodem Anno Q. Fufius, Q. F. C. N. Calenus. P. Vatinius. P. F.
Quinto Fufio, figlio di Quinto, nipote di Gaio, Caleno, Publio Vatinio
La festa dei Lupercalia
Il 15 febbraio del 44 a.C. si tenne la pittoresca festa dei Lupercalia.
Cesare, seduto su un trono d’oro, vestito di porpora e cinto intorno al capo con una corona d’oro, assisteva nel Foro dalla tribuna degli oratori (i rostra) alla corsa rituale compiuta dai luperci.
A Roma, una volta all’anno, in questa data correvano “nudi” intorno al Palatino, avendo solo una striscia di pelle di capra intorno alla vita ed una in mano.
Nella tumultuosa e scatenata corsa, i luperci con la striscia di pelle in mano battevano la folla che si accalcava al loro passaggio e che offriva il dorso o le palme delle mani.
Marco Antonio, console insieme a Cesare in quell’anno, correva anch’egli tra i luperci.
All’improvviso si staccò dai compagni e si diresse verso i rostra.
Salì sulla tribuna, mostrò un diadema e tentò invano di imporlo sul capo di Cesare per ben due volte.
L’accaduto fu registrato nei Fasti dallo stesso Antonio:
“Cesare, dittatore perpetuo, ha rifiutato il regno offertogli dal console per volere del popolo.”
L’avvenimento del 44 fu differentemente interpretato.
Secondo Fufio Caleno l’episodio era avvenuto nel Foro perché lì erano stati emanati “tanti provvedimenti in difesa della libertà“.
Più in particolare dalla tribuna degli oratori, i rostra, poiché appunto da quel luogo erano stati proclamati “mille decreti in favore della democrazia“.
Antonio dunque, quel giorno, avrebbe evitato “la tirannide di Cesare con astuzia e con intelligenza“.
Cassio Dione mise in bocca a Fufio Caleno una versione filoantoniana e anticesariana dei fatti:
“L’iniziativa fu di Antonio per distogliere Cesare dall’intenzione di farsi re davanti alla reazione ostile del popolo.”
In particolare, Caleno sostenne la tesi che Antonio organizzò l’incidente dei Lupercalia, perché Cesare si rendesse conto della diffusa opposizione ai suoi progetti monarchici, se ne vergognasse e li abbandonasse del tutto. (7)
Bibliografia:
1) Cesare, De bello Civili, Libro III, par. 56
2) Plutarco Cheroneo, Vite parallele, Alessandro e Cesare, 43
3) Dione Cassio Cocceiano, Storia Romana, Libro XLII, Capitolo II
4) Monica Affortunati, Plutarco: Vita di Bruto, Peter Lang, 2004
5) Cesare, De bello Civili, Libro III, par. 106
6) Aulo Irzio, De bello Alexandrino, par. 44
7) Steven Nicastro, L’ultimo Cesare: Il caso dei Lupercalia, Gennaio 2011
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