Le origini del Castello di Calvi
L’abitato di Calvi Vecchia trae origine dall’espansione di un presidio fortificato di epoca romana.
Nel corso del tempo, la cittadina acquisì un’indubbia importanza storica con l’avvento dei Longobardi.
Il simbolo predominante, che ha caratterizzato per secoli la fisionomia urbana del centro abitato, è rappresentato dal Castello.
Tuttavia, la struttura che adesso risalta maestosa sull’arce calena non è quella originaria.
Dopo i ripetuti assedi subiti nel corso della “Congiura dei Baroni“, il maniero fu ricostruito dagli aragonesi nel 1460 sul luogo del precedente, inglobandone le residue strutture.
Ma procediamo con ordine.
A seguito della morte del vescovo e conte Landolfo II di Capua avvenuta il 12 marzo 879, si aprì una guerra di successione.
L’esasperata rivalità dei nipoti e gli interessi delle aristocrazie locali segnarono la storia del Principato fino alla frantumazione dell’unità politica.
Pandonolfo, figlio di Pandone, si accaparrò il titolo di conte e i feudi di Teano e Caserta;
Landone II, figlio di Landone I, ottenne Suessa e Berolais, ossia Capua Vecchia;
Landone III, figlio di Landonolfo, ebbe “Caleno” e Caiazzo;
Atenolfo, fratello di Landone III, cominciò ad edificare il Castello di Calvi.
“Videntes autem nepotes illius depositionem, in unum collati diviserant inter se sub iureiurando Capuam aequa distributione.
Pandonulfus urbem Tianensem et Casam Irtam;
Lando Berealis et Suessam;
alter Lando Calinium et Caiazie;
Atenulfus coepit hedificare castrum in Calvo.” (1)
Riguardo all’originale impianto plano-volumetrico, risulta impossibile ipotizzare le sue dimensioni complessive.
Al contrario, possiamo verosimilmente affermare che il maniero fu edificato in gran fretta da maestranze locali.
Altri rilevanti avvenimenti
Come riporta Erchemperto, a causa dell’elevazione del castrum, Atenolfo fu catturato dal cugino, nonché signore di Capua, Pandonolfo.
Lo stesso Pandonolfo, “poi subito ben armato partì alla volta di Calvi, circondato da una schiera di Napoletani.
Qui si fermò per costruire fortificazioni.
Ma i figli di Landonolfo con i loro opposero resistenza e subito se ne andò.
Prima però tolse Suessa ai figli di Landone, ai quali era stata assegnata con giuramento.
Ma per tornare alle cose già dette, essendo stato preso Atenolfo dal suddetto uomo, suo fratello Landone non agì pigramente.
Infatti, cominciò con i suoi a costruire tosto la fortezza di Calvi, a causa della quale fu preso Atenolfo.” (2)
“45 – Pandonulfus autem confestim exercitaliter super Calvum profectus est, stipatus agmine Neapolitum, ibique munitionem extruens residebat; set filii Landonolfi cum sub viriliter eis resistentes, subito inde recessit, a filiis Landonis iampridem oblata Suessa, sacramento eis olim largita. Set ut ad priora nunc calamum vertam, apprehensus Atenolfus a suprafato viro, Lando germanus eius non segniter egit; nam mox Calvense castrum, propter quod captus est idem Atenulfus, cum suis coepit haedificare. Pars autem nobilium parata erat ad praelium, et pars vulgi vallis et parietibus construebat, sicque consumatus est. Post biennium ferme igne consumptum, ab eodem Landone reparatum est memoratum castrum, quo abiens cum universis suis et casis datis per singulos concives oppidi de ministerio suo, et vasis vinariis, victualium quoque et vinum, omni vigilantia desudans ad pristinum statum dictum oppidum erexit.” (3)
La costruzione del Castello di Calvi rappresentò il segno tangibile del costituirsi di un potere concorrente.
L’evento fu immediatamente avvertito come atto di ostilità da parte di che esercitava (o pretendeva di esercitare) l’autorità sul territorio.
Allo stesso modo, il secondo intervento di Pandonolfo era da ricondursi all’avvenuta ricostruzione del castrum da parte di Landone. (4)
Le opere di fortificazione
Dal racconto del monaco cassinese Erchemperto, affiorano ulteriori spunti rilevanti per comprendere le vicende legate all’elevazione del maniero.
Innanzitutto, una parte della nobiltà locale organizzò una milizia pronta al combattimento.
“pars autem nobilium parata erat ad praelium “.
Invece, una fetta della popolazione si dedicò all’apprestamento di fossati e all’elevazione di cortine.
“pars vulgi vallis et parietibus construebat “.
Da ciò risulta evidente come Atenolfo e poi Landone rivendicarono diritti di natura pubblica e giurisdizionali sul territorio di Calvi.
Due anni dopo, nel 881, la fortezza, quasi interamente distrutta da un incendio, fu riparata dallo stesso Landone.
“Post biennium ferme ignum consumptum, ab eodem Landone reparatum est memoratum castrum ”
L’accadimento lascia presupporre che la struttura fosse costruita in tutto o in parte di legno.
In quella occasione, furono potenziate le difese che la configurazione topografica del luogo già offriva.
Un attento esame delle sponde del Rio Lanzi evidenzia come le stesse si presentano di natura diversa.
Specificatamente, la sponda destra del rivolo, lungo il fianco della città, fu resa a parete verticale per meglio difendere il centro abitato e il castello.
Come se non bastasse, ritennero opportuno abbassare notevolmente il letto del fiumiciattolo.
Infine, rafforzarono e rialzarono ulteriormente la preesistente cinta muraria di origine romana.
Calvi, la prima città incastellata
Landone, poi, venuto a Calvi con tutti i suoi, concesse case, recipienti delle cantine, vettovaglie e vino a ciascun cittadino del suo dominio.
Dopo aver lavorato molto, la fortezza, finalmente, ritornò al suo stato primitivo.
Va sottolineato, quindi, che la riedificazione del castello fu accompagnata da un piano più vasto che prevedeva la ricostruzione della città fortificata ed il ritorno “ad pristinum statum”.
In aggiunta, Atenolfo e Landone concentrarono gli abitanti del territorio caleno all’interno del borgo fortificato, secondo un modello canonico di pianificazione razionale, assegnando ad ognuno un’abitazione e vettovaglie, facendone di fatto il centro del territorio.
Conseguentemente, a Calvi, valicate le mura, si scorgeva un paesaggio caratterizzato da vigneti sparsi un po’ dappertutto.
“Una volta prodotto, il mosto era raccolto nei contenitori, i vasa vinaria.
A quel punto, iniziava la vinificazione.” (5)
Secondo la testimonianza del monaco cassinese, Calvi, sin dall’881, è stata in assoluto la prima città incastellata.
L’incastellamento “classico” si rilevò un processo di accentramento per porre un argine a nuove invasioni e all’incontrastata violenza del periodo.
Inoltre, i signori feudali iniziarono ad esercitare sulle zone circostanti i cosiddetti poteri di banno (comando), come i diritti giudiziari, militari e fiscali.
Infine, con i castelli si rafforzò la presenza militare sul territorio che permetteva ai signori di esercitare la forza per la riscossione di dazi e prelievi.
L’incastellamento appare, perciò, come uno dei più profondi rivolgimenti strutturali conosciuti nell’Europa mediterranea nel corso del medioevo.
Bibliografia:
1) Erchemperto, Historiola Langobardorum Beneventi degentium, XL
2) Erchemperto, La storia dei Longobardi, a cura di G. Sperduti, Cassino 1999, pp. 95 e seguenti;
3) Erchemperto, Historiola Langobardorum Beneventi degentium, XLV
4) Archivio Storico per le Province Napoletane, Volume CXXVIII, anno 2010
5) Pietro Dalena, Mezzogiorno Rurale – Olio, vino e cereali nel Medioevo, 2010
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