Petrulo, 12 aprile 1583
Il Concilio di Trento, aperto nel 1545, durò quasi 20 anni fino al 1563.
Nella penultima sessione della fase conclusiva (XXIV) fu imposto ai Vescovi di compiere la visita pastorale ogni anno e completarla ogni due.
A Calvi, dopo la breve parentesi di Scipione Bozzuti, il 2 maggio 1582 iniziava l’episcopato del glorioso Maranta che perdurerà fino alla sua morte, avvenuta nei primi mesi del 1619.
Fabio Maranta era un letterato e dottore in diritto civile ed ecclesiastico.
Possedeva una personalità carismatica e grandi doti di organizzatore e amministratore.
Durante i primi mesi del suo mandato si dedicò agli affari generali.
L’anno successivo (aprile 1583) indisse la santa visita per scrutare con l’autorità apostolica tutte le chiese della diocesi e conoscere il popolo di Dio affidato alle sue cure.
La santa visita
Martedì in Albis 12 aprile 1583 il Vescovo, a cavallo, accompagnato dai familiari e dai fedeli della parrocchia, prima di salire al Castello della Rocchetta, si fermò a visitare la chiesa di San Nicandro (“chiesa vecchia”) a Petrulo edificata nel 1106 fuori dal centro abitato dai monaci di S. Basilio ai tempi dell’iconoclastia.
Distava dal borgo un quarto di miglio (tra i 400 e i 500 metri).
In base a ciò, si può affermare con assoluta certezza che il piccolo centro abitato di Petrulo era costituito dal caseggiato della Giudea (in dialetto locale “Iurea”).
La chiesa era amministrata da due Maestri eletti ogni anno dagli stessi laici uscenti.
A loro volta i Maestri affidavano la cura delle anime ad un cappellano confermato dal Vescovo e pagato con pochi carlini.
Il denaro era riscosso ogni mese dai fedeli e dai medesimi amministratori.
Le prescrizioni del Vescovo
Per le ristrettezze economiche e per problemi logistici (in posizione isolata e distante dal centro), il cappellano non poteva risiedere a Petrulo.
Ciò arrecò pregiudizio alle anime e alla chiesa.
Il Vescovo ordinò al Capitolo di avere cura di quelle anime che appartenevano alla Cattedrale e di pagare il cappellano che continuava a spostarsi da un luogo all’altro.
Nella Chiesa non si conservava il SS. Sacramento per evitare di esporlo a furti sacrileghi.
Per la comunione agli infermi, si portava l’ostia (particola) dalla Cattedrale, dove si conservavano anche gli oli santi.
Il Reverendo, inoltre, constatò che la parola di Dio non si annunziava nel tempio di San Nicandro.
Pertarto, ordinò che nel pomeriggio dei giorni festivi il predicatore di Pignataro si recasse a Petrulo per “istruire i fedeli”.
Nel 1593 il Vescovo ottenne che nella Chiesa si erigesse la Confraternita del SS. Rosario.
Le famiglie di Petrulo erano solamente 17 e gli abitanti 80.
Si registrava, quindi, un numero medio di 4,7 componenti per famiglia.
La piccola comunità calena si ingrandì col passar del tempo.
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