Calvi e i suoi casali
Calvi, fin dall’antichità, è stato il centro nevralgico dell’agro caleno e non solo.
Dal IV all’VIII sec. d.C., le ripetute devastazioni provocate dalle invasioni barbariche determinarono la decadenza di Cales.
La maggior parte della sua popolazione fuggì verso i monti Trebulani, considerati luoghi sicuri e facilmente difendibili.
Successivamente, l’arrivo dei Longobardi ed il conseguente rafforzamento del loro dominio consenti alla popolazione di ritornare a vivere in pianura.
Così a Calvi fu costruita la nuova città fortificata.
Al suo interno, l’elevazione del castello consentì alla popolazione di dominare dall’alto il territorio e di contrastare i nemici.
Il maniero non era soltanto un edificio difensivo ma anche l’abitazione del feudatario.
La cittadina calena iniziò ad espandersi oltre la cinta muraria, inglobando terre e centri abitati.
Liberi
Un documento ufficiale del luglio 1269 menzionava la presenza del primo agglomerato urbano sotto la giurisdizione di Calvi.
Specificatamente, il casale di Liberi (Sclavorum) era posseduto da alcuni componenti della famiglia Ebulo.
“Nonnulli de familia Ebulo possident Casale Sclavorum, de pertinentiis Calvi.” (1)
Verso la fine del 1273 il sovrano concesse a Francesco di Ebulo il casale di Liberi per 60 once.
Inoltre, consegnò nelle mani della Regia Curia il feudo di Francolise perché quest’ultimo e il casale di Liberi, presenti nel territorio di Calvi, erano stati assegnati in precedenza a Bartolomeo di Ebulo ad un prezzo inferiore rispetto al loro valore reale.
“Francisco de Ebulo [concessum est] casale Sclavorum pro unc. LX: non obstante concessione facta de dicto casali et feudo Francolisii, sito in territorio Calvensi, Bartholomeo [de] Ebulo, cum casale et feudum predicta satis plus valeant quam pretium pro quo concessa fuerunt Bartholomeo predicto: revocato ad manus Curie pred. feudo Francolisii.
Foggia, 6 novembre 1273, II Ind.” (2)
Il villaggio, al di là del Monte Maggiore, passò in seguito alla baronia di Formicola.
Francolise
In quel tempo, come accennato in precedenza, Francolise apparteneva alla città di Calvi.
Francesco di Ebulo fu confermato dal padre Bartolomeo “Signore” delle terre di Francolise e del casale di Liberi.
“Francischello de Ebulo, f. Bartholomei, mandatum de assecuratione vassallorum terre Francolisii et casalis Sclavorum, Calvensis diocesis, dicto suo patri concessorum.
1271, XIV Ind.” (3)
L’11 marzo 1271, Carlo d’Angiò intimò a Simone di Monteforte di non molestare Giovanni di Ebulo, erede di Bartolomeo.
Il Cappellano della sede Apostolica possedeva il feudo di Francolise e il casale di Liberi, appartenenti a Calvi.
“Mandat quatenus nob. vir Symon de Monteforte, comes Leicestre et Avellini, non turbet heredem qd. Bartholomei de Ebulo, fratem mag. Johannis de Ebulo, Sedis Apostolice cappellani, super possessione pheudi Francolisii, et casalis Sclavorum in pertin. Calvi, sibi per Regem donatorum.
11 marzo 1271, XIV Ind.” (4)
Successivamente, il sovrano dispose che i casali di Francolise e Liberi, di pertinenza di Calvi, fossero assegnati alla Regia Curia.
“Mandat quatenus casalis Francolisii et li Sclavi de demanio et pertinentiis terre Calvi, devolantur R. Curie.” (5)
A seguire, Calvi e i suoi feudi furono concessi a Bertrando del Balzo.
Nel 1417 Francolise passò al ducato di Sessa.
Pignataro
L’esistenza del caseggiato di Pignataro nell’agro caleno si evidenziò in una concessione stilata nel settembre del 1126.
Giordano II, principe di Capua, donò 82 terre al monastero Sanctimonialium di San Giovanni Battista in Capua della badessa Gemma.
Tra gli appezzamenti, ve ne erano alcuni riconducibili a Pignataro:
“Quinquagesima quinta petia est ibi prope, fines habet: uno latere et uno capite est finis terra ecclesie Sancti Georgii …
Quinquagesima sexta petia est ibi prope locum qui dicitur Pignarii, fines habet: uno latere et uno capite est finis terra | suprascripte ecclesie Sancti Georgii;
Quinquagesi.. septima petia est ibi coniuncta … alio latere est finis terra suprascripte ecclesie Sancti Georgii …” (6)
Ciò nonostante, il nome del luogo spuntò in modo incontrovertibile solo un secolo dopo.
Nel mese di agosto 1259, la badessa Mattia concesse a Tommaso, cognomine de Arlocta, sutor, un pezzo di terra.
Il fondo apparteneva a Calvi, “ubi nominatur lu Termene et Boccafresa, […] prope casale quod dicitur Lu Picgnone (Pignataro)”.
Di lì a poco, il toponimo si ritrovò in un pubblico bando di denuncia riguardante Nicola de Blasio.
“Iustitiario Terre Laboris mandate ut exemptum a banno denunciari publice faciat Nicolaum de Blasio, de casali Pignatari …
Neapoli, 19 maggio 1276, IV Ind.” (7)
L’ulteriore presenza del centro abitato fu confermata da una pergamena redatta a Capua il 5 marzo 1313.
Nell’atto di transazione riguardante una lite tra Nicolaus magistri Iohannis de Riccardo, procuratore della chiesa di S. Andrea de Porta Flaviano e Martonus de Palma, era citata anche una Caterina di Pignataro.
“Caterina de Villa Pignatari et terra dicti Martoni, ab alio latere es: finis via publica” (6)
Dunque, Pignataro, sin dal sua origine, era un casale di Calvi.
Dal 1460, la città calena e tutte le sue pertinenze furono annesse a Capua.
Partignano
Partignano, pur essendo distinto da Pignataro sia amministrativamente che spiritualmente, seguì le sue stesse sorti.
Nella medesima pergamena del 1126 erano citati fra l’altro:
“Quadragesima quinta petia est in loco Partignanu, fines habet: uno latere est fines terra heredum Ioannes Siki …;
Quadragesima septima petia est ibi prope … alio latere est finis terra ecclesie | Sancti Viti et resolvit contra partem occidentis
Quinquagesima secunda … uno capite est finis via, alio capite est … petia est in predicto loco Partinianu … ” (6)
Nel 1276, alcuni beni del demanio di Calvi furono occupati arbitrariamente da alcuni uomini.
Tra di loro vi erano gli eredi di Adenolfo di Giorgio, che s’impossessarono delle terre nelle pertinenze di Partignano.
“… de quibusdam bonis de demanio terre Calvi, ipsi Comiti spectantibus, et a nonnullis hominibus illecite occupatise. Nomina occupantium sunt hec, vid: … et heredes Adenulfi de Georhio, qui tenent terras in pertinentis Parteniani.
Neapoli, 26 maggio 1276, IV Ind.” (8)
Fino al 1460, Partignano rientrò nei possedimenti di Calvi per poi passare sotto il dominio di Capua.
Sparanise
Nel 988, l’abate Roffredo del monastero di San Vincenzo al Volturno edificò la chiesa di San Vitaliano nel territorio caleno.
“Roffridus abbas Sancti Vincencii, sedit e annis .XIIII. iste conduxit homines, et habitare fecit in colli Sancti Angeli, et in Baccaricias, et in locum ubi dicebatur ad Ficum et in Cerrum, villas quoque in Calvo, ubi ecclesiam edificavit vocabulo Sancti Vitaliani, ubi plures recollegit hereditates per has scripciones.” (9)
Il tempio era menzionato anche nel terzo volume dell’opera del monaco cassinese Giovanni.
In Calvo ecclesiam Sancte Iulianes, et Sancti Vitaliani (10)
Eppure, è davvero difficile accostare questa chiesa al luogo ove sorge l’attuale Sparanise.
Alcuni studiosi affermano che la terra fu concessa nel 1270 a Guglielmo Raifoso d’Avignone.
“Concessa est terra Sparonasini, preter castrum de Cruce, Guillermo Raysoso de Avignono, et suis heredibus etc., pro unciis XXIIII.
Die VI ianuarii XIII (1270) apud Neapolim ” (11)
In realtà, il nome del borgo è riferito a Sprondasino in provincia di Isernia “quod est di Comitatu Molisii“.
Secondo altre fonti, il toponimo era rintracciabile in un atto del 1276.
“locus Sparanisi in pertinenciis Calvi ”
Tuttavia, nemmeno questo documento è stato trovato.
Inoltre, le Rationes Decimarum afferenti alla Diocesi di Calvi degli anni 1308-10 e 1326-27 non elencavano alcuna chiesa di Sparanise.
Infine, le carte geografiche fino al Seicento non riportavano il suddetto centro abitato.
Pertanto, ritengo che la data di fondazione della cittadina è molto più recente di quanto si possa supporre.
La prima citazione di Sparanisi appare nella Platea del Vescovo di Calvi Gaspare Del Fosso del 1555.
Alla fine del 1600, la località, con Petrulo, Visciano e Zuni, fu unita alla Regia Città di Calvi.
Nel XIX secolo, Sparanise si distaccò da Calvi e divenne comune autonomo.
Petrulo
Petrulo é uno dei luoghi più antichi dell’agro caleno.
La costruzione e la fortificazione del “Castrum Petruri” risale senza ombra di dubbio al IX secolo.
La prima attestazione dell’esistenza della Contea di Petrulo è contenuta in un necrologio del monastero di San Benedetto di Capua.
Secondo l’antico documento, l’alto dignitario longobardo Aldemario, Conte di Calvi e Petrulo, era deceduto a maggio di un imprecisato anno.
“Aldemarius Comes Calvi, & Petruri. Off. & Mis.” (12)
Da un’altra fonte apprendiamo che il Conte morì il 24 maggio del 973.
Il documento, di estremo interesse, consente di affermare con certezza che Petrulo esisteva già nel 973.
Il borgo fortificato, da una prima indicazione, costituiva un insediamento autonomo e non assoggettato alla giurisdizione del Gastaldato di Calvi.
La sua gestione era affidata ad un feudatario che disponeva delle terre e del castello come sue proprietà.
Solo successivamente, fu aggregato alla Città di Calvi.
Altri casali
Per quanto concerne gli altri possedimenti, si ipotizza che il feudo di Riardo fosse assoggettato a Calvi sin dal 1150.
Tuttavia, non vi sono elementi certi che possano avvalorare questa tesi.
Viceversa, il borgo della Rocchetta e il castello di S. Maurizio lo detenevano da sempre i Vescovi di Calvi.
I prelati pro tempore esercitavano sia la giurisdizione spirituale che quella temporale.
“Rocchetta est quoddam castellum tam in spiritualibus quam in temporalibus huic Mense episcopali subiectum et episcopus ut eiusdem baro capitaneum elegit.”
Nel 1250, trovavamo a Calvi il “feudum Saconis“.
A Montanaro, invece, Bertrando Del Balzo impose nel 1272 il pagamento di tributi ai suoi abitanti.
Egli sosteneva che il feudo rientrava nella città di Calvi.
“Cum homines casalis Montanari exposuissent se compulsos esse a Bertrando, domino Bautii, comite Avellini, cui concessa est civitas Calvensis … ” (13)
Così, la diatriba tra il Governatore di Calvi e quello di Teano andò avanti per diverso tempo.
Ad aprile del 1273, tra i beni di Francesco di Montefuscolo, si menzionava anche il casale di Cursani a Calvi.
“Mandatum pro baliatu filie Guerreriij de Montefuscolo, scilicet honorum feudalium, que de mandato Helie de Gesualdo procurabat Franciscus de Montefuscolo. Et bona feudalia sunt hec:, vid.; … item in Calvo casale Cursani … I Ind.” (14)
Il 5 aprile 1425, Vannella e Pichella Scaglione di Aversa vendettero ad Antonello di Teano il feudo “Scaglioni” di Calvi.
“vir nobilis Antonellus de Theano secretarius familiaris emit a nobilibus mulieribus Bannella et Pichella Scaglione de Aversa sororibus feudum unum quod dicitur lo feo de li Scagliuni situm in pertinentiis Calvi f. 33.” (15)
Oltre quelli menzionati, altri territori e villaggi erano nel dominio della città.
Pertanto, la Civitas Calvi è stata per secoli la “capitale” dell’agro caleno “cum omnibus suis Villis, Oppidis, et Casalibus, et habitantibus.” (6)
Bibliografia:
1) Reg. Ang. II (1265-1281), p. 137, n. 530
2) Reg. Ang. II (1265-1281), p. 246, n. 38
3) Reg. Ang. VI (1270-1271), p. 204, n. 1088
4) Reg. Ang. VII (1269-1272), p. 85-86, n. 126
5) Reg. Ang. VII (1269-1272), p. 182, n. 65
6) Jole Mazzoleni, Le Pergamene di Capua, Napoli 1957
7) Reg. Ang. XIII (1275-1277), p. 248, n. 195
8) Reg. Ang. XIII (1275-1277), p. 249, n. 198
9) Chronicon Vulturnense del monaco Giovanni, II, Pag. 301
10) Chronicon Vulturnense del monaco Giovanni, III, Pag. 93
11) Reg. Ang. II (1265-1281), p. 243, n. 21
12) Francesco Maria Pratilli, De Kalendario et necrologio monasterii S Benedicti cassinensium Capuae, in Camillo Pellegrino, Historia principum Langobardorum, Napoli, 1754, tomo V, p. 69
13) Reg. Ang. IX (1272-1273), p. 2, n. 2
14) Reg. Ang. X (1272-1273), p. 47, n. 161
15) Nunzio Federigo Faraglia, Storia della Regina Giovanna II d’Angiò, Lanciano 1904
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