Il comunista e antifascista Giuseppe Bonacci
Giuseppe Alfonso Bonacci nacque a Calvi Risorta in Vico Trivio il 24 ottobre 1898 da Luca e Concetta Fascia.
Di umili origini, visse in un’ambiente disagiato.
Frequentò pochissimo le scuole e non ottenne alcun titolo che gli valesse il sapere.
In giovane età, si iscrisse alla camera del lavoro del suo comune di nascita.
Aveva un carattere fumantino che non sempre riuscì a tenere a freno.
Durante il servizio militare, espresse palesemente tutta la sua contrarietà al rispetto delle regole.
Infatti, il tribunale militare di Verona, con sentenza del 10 marzo 1920, lo condannò a cinque anni e sei mesi di reclusione militare “per rifiuto d’obbedienza, insubordinazione e minacce a vie di fatto“.
Due anni e mezzo dopo, la declaratoria del 22 dicembre 1922 gli condonò un anno di reclusione con la condizionale.
Inoltre, su indicazione dell’avvocato militare del tribunale militare di Verona, ottenne il beneficio dell’indulto mediante la declaratoria del 18 aprile 1923.
Il provvedimento consentì al detenuto di usufruire di uno sconto di pena di sei mesi sulla parte residuale.
Infine, su proposta del medesimo avvocato, fu condonata interamente la pena con Regio Decreto n. 854 del 20 agosto 1923.
Una volta ritornato nel suo paese d’origine, continuò la sua militanza nel Partito Comunista.
I gerarchi fascisti considerarono la sua condotta manifestamente contraria al regime e agli interessi nazionali.
Il viscianese intrattenne rapporti con gli ammoniti Benedetto D’Innocenzo, Corrado Graziadei ed altri personaggi.
Secondo le autorità, militava “nel Partito Comunista unicamente per ignoranza e per seguire le masse mal consigliate dai loro capi“.
Una nuova condanna
Il 19 gennaio 1925, fu denunciato per disturbo alla quiete pubblica unitamente ad altri compagni del luogo.
Tuttavia, la Regia Pretura di Pignataro Maggiore lo assolse il 1° Aprile 1925 per non aver commesso il fatto.
L’11 febbraio 1927, la Tenenza dei Carabinieri di Teano inviò un rapporto alla Regia Questura di Napoli.
Nella missiva si segnalava che Giuseppe Bonacci era un individuo pericolo per la sicurezza pubblica, nonché per l’ordine nazionale.
“Per le suddette circostanze e perché l’arma locale possa in tempo sventare e reprimere in ogni termine l’azione delittuosa del Bonacci, si propone questi per l’ammonizione, ai sensi dell’articolo 165 della nuova legge di P.S.”
Successivamente, a causa di altri rilievi, le autorità consigliarono di insistere presso la Commissione Provinciale per l’adozione del provvedimento punitivo.
Dunque, lo consideravano un sovversivo dell’ordine costituito.
L’anno successivo, riportò un’altra punizione.
Il 31 luglio 1928, la Corte d’Assise di S. Maria C.V. gli inflisse una condanna a due anni, nove mesi e dieci giorni di reclusione per tentato omicidio ai danni di Giuseppe Quaglieri.
Inoltre, fu condannato al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni ed interessi a favore della parte lesa.
Il caleno fu richiuso nel carcere giudiziario di S. Maria C.V.
La detenzione provocò l’annullamento del provvedimento dell’ammonizione.
Il Bonacci esercitò il mestiere di bracciante agricolo e alle volte anche quello di minatore e di dimazzatore di brecciame.
La sua posizione economica era abbastanza misera e non possedeva beni di sorta.
Inoltre, per le autorità non risultava iscritto ai sindacati fascisti perché versava in condizioni finanziarie precarie.
La fine dell’attività sovversiva
Giuseppe Bonacci era un uomo alto di statura, di corporatura robusta, pelle bruna, capelli e occhi castani.
Come segni particolari, presentava una cicatrice consistente in una piccola fossetta circolare di circa tre millimetri al pomello sinistro.
Aveva poi sul corpo i seguenti tatuaggi:
- al braccio sinistro, un uomo con la sigaretta in bocca e una donna vestita a mezzo busto avente un berretto con visiera in testa;
- all’avambraccio sinistro, una donna vestita, a un quarto di busto;
- alla spalla, lato sinistro, un guerriero a cavallo con la sciabola sguainata;
- a quella del lato destro, le sembianze di una donna che si abbracciava alla croce su una tomba;
- all’avambraccio destro, una mano che impugnava un pugnale con la punta in basso e diciture “NON TI FIDAR DI ME SE IL CUOR NON HAI”;
- al petto (lato destro, parte superiore), la figura di una ballerina.
Dal 1930, la condotta del giovane mutò radicalmente.
Il bracciante caleno non professò più idee antifasciste né si rese pericoloso per l’ordine pubblico.
Nello specifico:
- non manifestò principi ostili all’allora governo;
- rispettò scrupolosamente le leggi vigenti;
- fu ossequiente alle istituzioni fasciste.
Tuttavia, in un rapporto dei carabinieri di Teano del 23 ottobre 1932, si legge:
“In un primo tempo ha espletato un’attività politica abbastanza pronunciata contro il Fascismo;
ma in seguito anche perché è stato in carcere per parecchi anni per delitti di sangue, non ha espletata alcuna attività sovversiva contraria al Regime.
Si fa notare però che il Bonacci è sempre da considerarsi un elemento pericoloso, perché tipo abbastanza violento.
Nulla di più facile che il medesimo in qualche occasione data la sua indole, possa abbandonarsi a degli eccessi anche d’indole politica potendosi risvegliare in lui l’ideale comunista che una volta professò.”
Il cambio di rotta
La sua condotta morale lasciava a desiderare per le imputazioni e le condanne rimediate.
Ma dal punto di vista del credo politico, si assistette ad un profondo, nonché radicale cambiamento di rotta.
Il 26 marzo 1938, un maresciallo dell’arma chiese notizie del seguace di Marx.
“Sul conto del comunista non schedato Bonacci Giuseppe di Luca, nato e domiciliato a Calvi Risorta, frazione Visciano, mancano notizie della Tenenza dei RR.CC. di Teano dal 23/10/1932.
Si prega pertanto la S.V. compiacersi disporre affinché siano chieste alla prefata Arma informazioni per stabilire il comportamento serbato dallo stesso dall’anzidetta epoca ad oggi facendo precisare il domicilio ed il numero civico dell’abitazione.”
L’ardore giovanile ormai si era affievolito.
il 9 aprile 1938, il comandante della compagnia “Nilo Esposito” della Legione Carabinier di Napoli informo il questore:
“Il comunista non schedato Bonacci Giuseppe fu Luca e di Fascia Concetta, nato a Calvi Risorta il 24/10/1898, ivi domiciliato al Vico Santillo della frazione Visciano, da 15 anni non ha più espletato alcuna attività sovversiva, o comunque, contraria al regime Fascista e al Governo Nazionale.
Lo stesso, in atto, è inabile al lavoro, siccome affetto da T.B.C. localizzatasi alla colonna vertebrale, e per cui è costretto fare uso di busto erettivo.”
Da questo momento in poi, l’apparato repressivo fascista smise di sorvegliare i suoi comportamenti e movimenti.
Era evidente che la malattia aveva fiaccato il fisico e lo spirito del caleno.
Per la cronaca, Giuseppe Bonacci morì il 3 gennaio 1964 all’età di 65 anni.
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