La grande sete del dopoguerra
Nell’immediato secondo dopoguerra, a causa dell’incremento demografico e del miglioramento delle condizioni igienico – sanitarie, nacque l’esigenza di avere a disposizione maggiori quantitativi d’acqua per uso potabile e civile.
Nella quotidianità degli anni ’40 e ’50, gli abitanti di Calvi Risorta erano costretti a file interminabili per attingere l’acqua dai pozzi comunali di Visciano, di Piazza San Paolo della Croce e, in misura minore per la scarsità della fonte, da quello di Zuni sito in Via Duca degli Abruzzi.
Anche le cisterne dei privati erano prese letteralmente d’assalto.
In quel periodo, a metà degli anni ’50, l’amministrazione comunale presieduta dal sindaco Dr. Guido Gaito iniziò i lavori di costruzione della rete di distribuzione idrica.
Ultimata la sua realizzazione, il Consorzio Idrico di Terra di Lavoro fornì alla popolazione di Calvi Risorta solo 7,5 litri d’acqua al secondo considerato l’esiguo diametro della condotta idrica collocata a monte della Cava Fabressa lungo la Strada Provinciale 28.
La conformazione morfologica del territorio caleno, inoltre, impediva l’afflusso di un quantitativo d’acqua sufficiente a garantire il fabbisogno in modo particolare degli agglomerati d’altura dei Martini di Visciano, di Zuni e di Petrulo.
Nonostante le continue lamentele e sollecitazioni degli amministratori locali rivolte all’ente provinciale, non si registrarono miglioramenti significativi nell’approvvigionamento.
Con il passare degli anni la situazione andò progressivamente aggravandosi a causa delle sempre maggiori perdite lungo la rete.
La ricerca di fonti locali di approvvigionamento
Durante la campagna elettorale per le elezioni amministrative del 1975, i candidati della lista “La Bilancia” dai balconi promisero, in caso di vittoria, di risolvere definitivamente l’annoso problema.
Trionfando alle elezioni, la compagine guidata dal sindaco Prof. Angelo Capuano adottò una serie di misure per arginare “la grande sete” verificando se effettivamente il consorzio erogasse il quantitativo massimo, controllando che il serbatoio posto a monte di cava Fabressa fosse sempre pieno e monitorando la portata specialmente nelle ore notturne per individuare, localizzare e riparare le perdite idriche nei punti critici del sistema.
Inoltre, per mitigare gli inevitabili disagi causati dalla mancanza d’acqua, avviarono una turnazione dell’erogazione fra le varie frazioni del Comune allo scopo di aumentare la pressione nelle condotte.
Nonostante l’impegno profuso, le soluzioni adottate rappresentarono solo palliativi per aggirare il problema senza risolverlo alla radice in virtù della limitata capacità della condotta principale.
L’unica soluzione possibile era quella di ricercare eventuali fonti locali di approvvigionamento per poi accedere ai finanziamenti regionali stanziati solo per il loro sfruttamento.
In prima persona, l’assessore delegato Ruggero Elia di Visciano, avendo a disposizione una trivella fornitagli da suo cugino Otello D’Innocenzo imprenditore a Bologna, iniziò le perforazioni alla ricerca “dell’oro bianco”.
Il primo tentativo fu eseguito a Petrulo in località “La Selva” raggiungendo la ragguardevole profondità di 157 metri.
Tuttavia, il pozzo risultò non sufficientemente alimentato a causa di uno strato di argilla compatta che rendeva il terreno sovrastante del tutto impermeabile.
A questa prova ne seguirono altre in successione.
La risoluzione del problema
Scavando ininterrottamente per 30 giorni, finalmente in Via Chiesa Vecchia sempre a Petrulo fu rinvenuta una sorgente di notevole portata e qualità.
L’acqua che sgorgò da questa fonte, confermata dalle analisi di laboratorio, risultò perfettamente corrispondente sia per l’uso potabile che civile.
Inutile aggiungere che l’eccezionale risultato si ottenne forse anche grazie all’intervento di un rabdomante con la sua bacchetta biforcuta di nome Sandro, contadino trapiantato nell’agro di Sparanise.
Il governo locale, tramite il consigliere regionale di area socialista On. Pietro Lagnese, per tutti “Pierino”, di Vitulazio, chiese un finanziamento alla Regione Campania per lo sfruttamento delle risorse idriche.
Con impegno e serietà Pierino Lagnese assegnò al Comune di Calvi Risorta ben 420 milioni di lire rastrellati tra le somme impegnate ma non utilizzate da altri enti.
In tal modo, grazie all’impegno del primo cittadino Angelo Capuano e dei suoi consiglieri, l’annoso problema dell’approvvigionamento idrico fu risolto in modo definitivo.
L’amministrazione successiva, in virtù dei cospicui finanziamenti pubblici richiesti ed ottenuti dalla compagine de “La Bilancia”, completò l’opera avviata in precedenza con la realizzazione di altri pozzi e il potenziamento delle condotte di adduzione ai serbatoi comunali.
Oggi l’abbondanza di questa fonte primaria di vita deve far riflettere tutti perché limitarne l’uso per lo stretto necessario garantirà nell’immediato futuro la quantità e la qualità indispensabile alla nostra vita.
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