La Grotta dei Santi
La Grotta dei Santi è la cavità più vicina al centro abitato di Calvi Vecchia.
L’ipogeo si caratterizza per la bellezza dei suoi affreschi, di cui è possibile ancora ammirare la complessa articolazione, sebbene l’incuria, gli atti di vandalismo e di saccheggio hanno lasciato intatte solo alcune parti dell’autentico tesoro.
La Grotta dei Santi è una spelonca artificiale scavata in un banco tufaceo tenero ma molto compatto.
La sua nascita risale alla civiltà etrusca o al periodo della colonizzazione romana.
Questa tesi è suffragata da due aspetti interessanti:
- la conformazione spaziale della grotta
- i segni regolari lasciati dagli attrezzi impiegati durante le operazioni di scavo.
L’ubicazione appena fuori della città di Cales e la sezione trapezoidale fanno propendere per l’idea che la Grotta dei Santi rientri nel sistema di raccolta e deflusso delle acque realizzato nel IV secolo a.C.
Ciò induce ad escludere un suo primitivo utilizzo agricolo.
Nel corso dei secoli, la grotta fu adibita a “catacomba paleocristiana“.
I primi servi di Gesù Cristo utilizzarono l’anfratto per le loro riunioni notturne, specialmente in tempi di persecuzione, allo scopo di pregare e di seppellire i morti velocemente vicino al luogo del martirio.
Infatti, Ferdinando Ughelli segnalava la presenza a Calvi nell’anno 1183 dell’Ecclesiam omnium Sanctorum de loco Sanguinarij.
La modifica delle finalità di utilizzo della Grotta dei Santi avvenne nel X secolo, quando iniziarono a decorare le pareti con i primi dipinti.
Gli altri affreschi furono eseguiti nei secoli successivi in quattro ulteriori campagne pittoriche.
La committenza laica delle pitture attesta che l’opera era “un piccolo oratorio campestre“, senza alcun legame con il fenomeno eremitico.
Naturalmente, col sopraggiungere dei tempi di pace e di vita cristiana, i devoti caleni ne fecero un luogo di venerazione.
Le caratteristiche della grotta
“La divozione a questo santuario, siccome si dee supporre grande ne’ tempi antichi, così non cessa di essere anche tale a dì nostri.
Quasi ogni anno vi si concorre a folta calca dai cittadini de’ vicini paesi a sospender voti.
E vi si mantengono sempre accese le lampadi dal di lei Romito.
Nell’anno 1768, dal divoto Sacerdote D. Pascale Zona vi si incominciò a celebrare anche la festa nella prima Domenica di Maggio.” (1)
La Grotta dei Santi è collocata all’interno di un grande burrone alla sinistra del rio Lanzi scendendo da Petrulo.
L’ingresso, dal quale unicamente la cavità prende luce e aria, è sovrastato da un arco spezzato.
All’interno si accede tramite una scala di otto gradini e il pavimento ha l’aspetto di un lastrico battuto.
La Grotta dei Santi è costituita da tre ambienti di forme e dimensioni diverse.
L’invaso principale, di forma rettangolare, è lungo 17 metri e largo 4,60.
La struttura, a sezione trapezoidale, si presenta con le pareti inclinate verso l’interno a reggere il soffitto.
Il secondo piccolo vano fu allestito nell’alto medioevo in occasione del reimpiego culturale della grotta.
Sulla parete di fondo, a circa tre metri e mezzo di altezza, ricavarono un altare con un un’informe abside.
Al piano rialzato si accedeva tramite una scala scavata nel tufo.
La sua posteriorità, rispetto all’invaso primordiale, emerge dalla diversa morfologia dalle tracce lasciate sul soffitto dagli utensili utilizzati per l’escavazione.
Infatti, lo scavo della sala primitiva è caratterizzato da tagli ampi e piatti.
Invece, l’ambiente absidato riporta segni molto fitti, sottili e curvilinei.
I segni simili a questi ultimi affiorano sopra e sotto i pannelli pittorici delle pareti laterali.
Si tratta, in questo caso, di scalfitture praticate sul tufo per rendere la superficie il più possibile idonea all’allettamento dell’affresco.
Il primo intervento pittorico
Il terzo ambiente, ortogonale alla navata principale, è lungo 7,25 metri e largo 3,5.
Il locale ha la pianta rettangolare e presenta una nicchia sulla parete sinistra.
L’incavo poteva servire per accedere ad una eventuale galleria quasi parallela a quella principale.
La Grotta dei Santi contempla 55 figure iconiche eseguite in cinque campagne pittoriche.
Le tavole seguenti di Simone Piazza mostrano le collocazioni degli affreschi.
Il primo intervento del X secolo ha riguardato l’opera di trasformazione dello spazio rupestre preesistente in luogo di culto.
La superficie concava è stata rivestita con un ampio pannello raffigurante:
- il Cristo Pantocratore al centro
- due arcangeli ai suoi lati
- a seguire gli apostoli Pietro a sinistra e Paolo a destra
- accanto a quest’ultimo, infine, sono rappresentati san Tommaso, san Martino di Tours e san Giuliano
Più in basso, sulla parete di fronte all’altare moderno, troviamo dipinte le immagini di:
- santa Margherita con la corona del martirio
- un santo vescovo con l’omoforio, un paramento liturgico
- un santo medico con i suoi strumenti medicali (una pisside e un bisturi).
La seconda campagna pittorica
La seconda campagna pittorica dell’XI secolo è molto più estesa e si caratterizza per i dipinti a carattere votivo.
Ai lati del vano absidale e lungo le due pareti trova posto una moltitudine di pannelli raffiguranti prevalentemente i santi.
Le immagini, in posa frontale, sono accompagnate alla base da iscrizioni con i nomi dei donatori nell’usuale formula votiva.
Durante questa fase, a destra e a sinistra del pannello con il Pantocratore, sono stati aggiunti rispettivamente:
- san Nicola di Mira
- un altro vescovo, non meglio identificabile data la perdita dell’iscrizione onomastica.
Al di sopra dell’intonaco che aderisce alla parete sottostante, è stata realizzata una Theotokos in trono con Bambino.
La zona di fondo del grande invaso riporta l’immagine dell’arcangelo Michele nella foggia imperiale, con labaro, globo e loros bizantino.
Lungo la parete destra ad altezza d’uomo, la serie di pannelli votivi ha inizio con le figure di:
- san Simone apostolo
- santa Barbara martire
- san Cosma medico
- san Giovanni Battista
Al lato, dopo l’immagine delle Vergine orante del primo strato, trovano spazio ad una distanza maggiore da terra:
- san Giovanni evangelista
- una Crocifissione
- santo Stefano diacono
- san Pietro apostolo
- san Massimo il confessore
- papa Silvestro con il leggendario drago al suo fianco
- papa Clemente I
- santa Cecilia
- un santo vescovo spezzettato (san Silvestro ?)
Ad un livello superiore, dove non è arrivata la mano di scialbatura in corrispondenza dell’ultimo personaggio citato, si distinguono:
- il sacerdote Simeone
- poi nuovamente San Pietro
- un’altra martire non identificabile
Sulla parete di sinistra, iniziando dal fondo, la semitrasparenza dell’intonaco lascia scorgere in basso:
- la leggenda di san Silvestro e il drago
- effigie di un cavaliere
- san Bonifacio
- san Maurizio
- san Castrense
- san Michele arcangelo
- san Quirico
- il martirio di san Lorenzo
- una Psicostasia
Sempre sulla stessa parete, più in alto, troviamo san Silvestro e il drago capitolino.
Le altre tre campagne pittoriche
La terza fase esecutiva della seconda metà del XII secolo riguardò la parete sinistra dell’ambiente principale.
Sulla superficie furono dipinte le immagini sacre di:
- san Eustachio
- una santa martire
- un profeta
- l’eremita san Onofrio
Nella quarta campagna, forse agli inizi del secolo successivo, ha trovato posto la figura isolata di un san Paolo apostolo.
Infine, un pannello realizzato sulla parete di fondo del vano laterale appartiene a un intervento distinto da quelli sopra elencati.
La collocazione cronologica risulta assai difficoltosa, considerato lo stato di frammentarietà e alterazione della superficie pittorica.
L’osservazione ravvicinata degli elementi pittorici ha permesso di scorgervi le figure di una Vergine orante e di un santo vescovo.
Dunque, delle cinquantacinque, solo tre figure iconiche ricorrono più volte:
- san Michele arcangelo una volta sulla parete sinistra e una sulla parete di fondo
- san Pietro due volte sulla parete destra
- san Silvestro due volte sulla parete sinistra e due sulla destra.
Le iscrizioni votive
Passando in rassegna la serie di scene, figure e costumi, emergono alcuni aspetti interessanti.
I vescovi non portano la mitra, né i papi la tiara.
Tutti i dignitari ecclesiastici sono rappresentati a capo scoperto.
L’abito da principessa di santa Barbara è ornato di cerchi, intorno ai quali tocchi di bianco decorano le pietre preziose.
Per quanto concerne la gamma dei colori utilizzati, il rosso è senza dubbio quello predominante.
La tinta è presente nelle casule dei vescovi, nelle clamidi dei martiri, nelle bordure e nel fondo dei pannelli.
I toni chiari, l’ocra e il grigio, sono impiegati soprattutto per le tuniche e i palli.
Invece, il verde scuro e, in minor misura, l’azzurro costituiscono la sezione centrale del fondo.
Sui volti giallastri e rugosi, i tratti somatici sono marcati di nero.
Nel panneggio, i colori dominanti presentano ulteriori rafforzamenti da striature ravvicinate di bianco secco.
Gli affreschi riportano, con caratteri gotico-longobardi, i nomi dei Santi.
I nominativi sono tracciati sempre orizzontalmente all’altezza delle teste.
Invece, le opere pittoriche della II, III e IV fase sono contraddistinti in basso dalle generalità dei committenti longobardi.
Tra le varie iscrizioni, troviamo:
- … cum Johanne filio meo pingi…
- Ego Cotunio cum uxore mea feci
- Ego Martino piniere feci
- Ego Uxingo cum uxore mea piniere fecimus
- Ego Natali(us) cum uxor(e) mea piniere feci
- Ego Iaquinta fecimus
- Ego Bisantio cum uxore mea fecit
- Ego Johannes cum uxore mea Sacxisa piniere feci
- Ego Bisantio cum uxore mea Atta piniere fecimus
- Ego Anielus cu(m) uxori mea Rosa piniere fecimus
- Ego Farne Odmarato uxoribus nostris fecimus
- Ego Florisantio cum uxore mea Gaila piniere feci
La dimensione dei caratteri presentano talora differenze notevoli.
Le scene agiografiche
La Grotta dei Santi, oltre ai pannelli iconici, conserva anche rappresentazioni agiografiche.
La prima è legata alla leggenda di San Silvestro.
Il tema simboleggia la vittoria del culto cristiano su quello pagano.
Il papa santo è in procinto di legare le fauci del drago ritratto dentro una grotta.
Al di sopra, si sporgono gli apostoli Pietro e Paolo in atteggiamento benedicente.
San Silvestro è accompagnato da due diaconi, uno dei quali regge un libro.
Sulla sinistra, assiste all’evento un gruppo di persone guidate dall’imperatore Costantino, che regge in mano un’asta gemmata.
All’interno dello stesso riquadro, è dipinta una scena votiva raffigurante il martirio di san Lorenzo.
A destra, il martire è steso sulla graticola con le mani e i piedi legati.
A sinistra, l’imperatore Decio, in trono, rivolge l’ordine di supplizio con il braccio destro alzato e l’indice teso.
Nell’immagine si scorgono altri cinque personaggi:
- due attendenti a fianco dell’imperatore
- due aguzzini con quattro lance ricurve che infliggono il martirio
- un quinto personaggio alimenta il fuoco dipinto sotto la graticola
Quest’ultimo, di piccola statura, ha le braccia protese in avanti per attizzare il fuoco.
Accanto a San Lorenzo, sulla sinistra, è rappresentata la scena della Psicostasia, ovvero “la pesatura dell’anima” al momento del trapasso.
San Michele arcangelo sorregge con la mano destra la bilancia, mentre impugna l’asta del labaro con la sinistra.
A fianco, è visibile il demonio nell’intento di appesantire il piatto sinistro della bilancia con un disco di colore giallo-ocra.
Nell’altro piatto vi è una testa umana.
Infine, degno di nota è un pannello che mostra la Crocifissione.
Gesù ha la testa reclinata sulla spalla destra e gli occhi aperti.
I bracci della croce, estesi fino alla cornice del riquadro, dividono la scena in quattro settori con altrettante figure.
Le modifiche apportate alla cavità
In un trattato ottocentesco sulle grotte e gli ipogei della Campania, si racconta che:
“… si osserva un’altra grotta, che probabilmente comunicava con le altre, e che divenne chiesa col titolo di Grotta-di-tutti-i-santi.
Vi sono tuttavia delle pitture rappresentanti parecchi santi, un altare con candelieri e frasche ed una tomba cristiana.
La gente della vicina terra di Sparanisi e delle altre di quel contorno vi va per voto, recando dell’olio per tenervi accese delle lampadi alla figura della Madonna, e per recitarvi le litanie.
Non vi si celebra la Messa da meno di due secoli, a cagione del detestabile scandalo di un certo romita, che impropriamente portava il nome di Fra Giusto, il quale avea la custodia della chiesa, ed era grassatore di strada pubblica.
La cella dell’eremita è situala a lato della Grotta di tutti i santi, scavata anche nella roccia.
Là dentro da ‘birri fu sorpreso Fra Giusto, e gli uomini di carta armati di spade finte e di fucili, che egli poneva fra le siepi per insidiosa apparenza:
i viaggiatori, credendolo accompagnato da altri malfattori, si facevano spogliare senza resistenza.” (2)
All’inizio del novecento, furono apportate alla grotta alcune modifiche che ne alterarono in parte l’aspetto e l’assetto originario.
Nello specifico, le opere riguardarono:
- un cancello incardinato a un muro in blocchi di tufo al fine di sbarrare l’entrata
- una scala in muratura per raggiungere il piano di calpestio, più basso di circa due metri rispetto al pianoro antistante
- uno strato di cemento a copertura di tutto il pavimento.
Quindi, si ha ragione di credere che in origine il livello del pavimento fosse superiore all’attuale.
Lo stato di totale abbandono della grotta
Tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, ignoti ladri asportarono con una motosega la parte superiore della Vergine orante e i ritratti dei ss. Simone, Barbara, Cosma e Giovanni Battista dipinti sulla parete destra dell’ambiente principale.
I busti dei quattro santi furono in seguito recuperati negli Stati Uniti e depositati nella Reggia di Caserta.
Dopo il furto, è stata la volta di un atto vandalico ad opera di un eremita.
Quest’ultimo, avendo fissato la propria dimora nell’anfratto, imbiancò le pareti laterali della grotta fino ad un’altezza di circa due metri.
Passata l’epoca dell’insediamento abusivo, è rimasto il bianco di calce sui dipinti.
Comunque, la malta sembra proteggere le pitture da nuove possibili razzie e dagli effetti nocivi degli agenti atmosferici.
L’anno scorso, i dipinti trafugati erano sul punto di tornare a Calvi per essere custoditi nella Cattedrale romanica.
Ma una querelle innescata dal vescovo di Teano-Calvi non ha consentito il “ritorno a casa” dei tesori.
Attualmente, la Grotta dei Santi versa in uno stato di totale abbandono.
In attesa di un utopistico intervento di restauro e conservazione, si può ammirare la bellezza dei dipinti caleni in un acquerello del XIX secolo di Francesco Autoriello conservato nel Museo Campano di Capua.
Bibliografia:
1) Mattia Zona, Il Santuario Caleno, Napoli 1829
2) Giuseppe Sanchez, La Campania sotterranea e brevi notizie degli edifici scavati entro roccia nelle due Sicilie ed in altre regioni, Napoli 1833.
3) Pietro Del Prete, L’antica Calvi e la grotta dei Santi, Piedimonte d’Alife 1913
4) Simone Piazza, Pittura rupestre medievale: Lazio e Campania settentrionale, secoli VI-XIII, Roma 2006
5) Arnaldo Venditti, L’architettura bizantina in Italia Meridionale: Campania, Calabria, Lucania, Napoli 1967
6) Carlo Ebanista, L’utilizzo cultuale delle grotte campane nel medioevo, 2007
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