La Prefettura di Cales

La Prefettura di Cales

Cales costituì un fondamentale ed imprescindibile caposaldo nell’ambito della colonizzazione romana dell’Italia meridionale e non solo.

La ex capitale dell’Ausonia, a seguito della deduzione di una colonia latina, divenne uno dei pochissimi insediamenti romani con possedimenti extraterritoriali, ossia al di fuori del proprio contesto giurisdizionale, ed addirittura in un’altra provincia.

Tali concessioni extraterritoriali sono state generalmente interpretate come indennizzi in favore di città, private di parte della loro terra distribuita ai veterani o coloni.

Un’iscrizione latina (CIL X 3917) in onore di Publio Pescennio, alto magistrato del Municipio di Cales, ritrovata a Capua ma attribuibile senza ombra di dubbio alla cittadina calena, menzionava un ager Lucanus che il Pescennio, uno dei quattro magistrati elettivi (“quattuorviri iure dicundo”), avrebbe recuperato senza esborso di denaro da parte dello Stato.

La data di questa iscrizione va inquadrata tra la fine della guerra sociale o guerra degli Alleati (217 a. C.) e la legislazione municipale di età cesariana (45 a. C.).

P(ublio) Pescennio P(ubli) f(ilio) / Secundo IIII vir(o) i(ure)
d(icundo), / quod agrum Lucan(iae) / reciperavit sine / inpensa
rei publicae, / sen(atus) cons(ulto)

Ebbene, Cales possedeva in una imprecisata zona dell’Italia centrale o meridionale un ager che avrebbe ricevuto dagli occupanti dell’antica Oenotria o della Lucania.

Alcuni studiosi ritenevano che la Lucania “calena” rientrasse nel settore centro-meridionale dell’odierna provincia di Salerno che nel sec. IV a. C. si usò chiamare Magna Grecia.

Tuttavia, rileggendo attentamente alcuni passi dell’opera Ab Urbe Condita del più famoso storico romano, la localizzazione dell’area va rivista.

L’ager Lucanus

Nel 294 a. C., durante il consolato di Lucio Postumio Megello e Marco Atilio Regolo (figlio del console omonimo che conquistò Cales con Marco Valerio Corvo), la fanteria degli alleati italici dei Romani condusse un’operazione militare nella valle del Liri.

Tito Livio narrava che

Consul tumultu excitus cohortes duas sociorum, Lucanam
Suessanamque, quae proximae forte erant, tueri praetorium iubet.
manipulos legionum principali via inducit.(1)

svegliato dalle grida, il console Marco Atilio Regolo ordinò a due coorti di alleati, una composta di Lucani e l’altra di Sessani, che casualmente erano le più vicine, di difendere il pretorio, e si mise a capo dei manipoli delle legioni sulla via principale.

Nel 212 a. C., analogamente, in un passaggio abbastanza chiaro, lo storico raccontava che i consoli, per distogliere Annibale da Capua, la notte seguente si avviarono per strade diverse, Quinto Fulvio Flacco per l’agro di Cuma e Appio Claudio Pulcro per quello lucano.

Inde consules, ut averterent Capua Annibalem, nocte, quae secula est
diversi, Fulvius in agrum Cumanum, Claudius in Lucanos abiit. (2)

Soffermandosi sulle due fonti classiche concernenti le aree presenti in prossimità dei confini del Lazio e di Capua, ritengo che il toponimo “ager Lucanus” si riferisca ad una zona collocata a sud di Cales abitata da “lucani meridionali”, differente dalla Lucania propriamente detta.

Per quanto concerne gli aspetti normativi ed organizzativi, la parte di territorio di una cittadina che giace all’esterno dei suoi confini si chiama exclave.

L’istituzione della exclave

Con l’istituzione della exclave, la legge indicava con precisione i terreni, i luoghi o gli edifici assoggettabili alla giurisdizione di quella colonia, i cui cittadini erano destinatari degli agri divisi et adsignati, che si trovavano nell’exclave stessa.

Tali exclaves, come quella di Cales, quando costituivano una propaggine esterna della giurisdizione della città romana, erano chiamate “Praefecturae” e la iurisdictio in esse era delegata ai magistrati del possedimento.

La “Prefettura” comprendeva terre immediatamente prossime o adiacenti ai confini dell’insediamento, o come nel caso di Cales, anche di saltus lontani sottoposti al controllo della colonia che si espandeva.

La vicenda delle di terre provinciali appartenenti ad una comunità e concesse ad un’altra, può spiegarsi soltanto con il fatto che in origine le porzioni di suolo rimasero indivise.

Ma si potrebbe anche ipotizzare che le aree concesse fossero caratterizzate da scarsa densità demografica e che quindi vi fosse l’intento di rivalutare la coltura e lo sfruttamento di zone depresse da parte di comunità economicamente più sviluppate.

Così stando le cose, ritengo più verosimile che i territori della Lucania concessi a Cales fossero dei lotti non ancora distribuiti, piuttosto che il frutto di una vera e propria espropriazione perché lo Stato romano non effettuò alcun esborso di denaro.

I funzionari della Prefettura

Le concessioni dei terreni in altra provincia tramite l’istituto dell’adtributio consentivano alla comunità preminente di esercitare l’amministrazione, il controllo e spesso la giurisdizione del centro e del territorio ad essa adtributus.

Viceversa, per la possessio, la città deteneva le terre da cui trarre proventi e sostentamento economico.

I fondi, chiamati agri vectigales, appartenenti a Cales costituivano beni alienabili per l’uso dei quali si pagava un vectigal.

Fino all’epoca repubblicana la durata del loro affitto era quinquennale per poi trasformarsi sempre più in un contratto a tempo indeterminato.

L’affittuario, finché avesse corrisposto il vectigal, godeva di una possessio illimitata del fondo.

La gestione degli agri vectigales si affidava generalmente alla città stessa, i cui funzionari si occupavano della riscossione del vectigal e del versamento nelle casse comunali.

Nelle Praefecturae le colonie inviavano magistrati incaricati della giurisdizione.

Tali funzionari erano chiamati Praefecti da Siculo Flacco (3) o “IIII viri praefecti” da Teodor Mommsen.

Un’altra epigrafe rinvenuta dall’abate Mattia Zona (4) nella casa del defunto D. Gaetano Zona a Visciano avvalorò la presenza dei quattuorviri a Cales.

M. Calv
IIII. Iter. C
Loco Dato

Bibliografia:
1) Tito Livio, Ab Urbe Condita – Libro X, 33
2) Tito Livio, Ab Urbe Condita – Libro XXV, 19
3) Siculo Flacco, De condicionibus agrorum
4) Mattia Zona, Calvi antica e moderna o sia memorie istoriche dell’antichissima città di Calvi, Napoli, 1820

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