La sontuosa sepoltura etrusca di Cales
Nel 1962, durante i lavori di costruzione del muro di cinta, a seguito dell’ampliamento del vecchio cimitero di Calvi Risorta in località “Carrafiello“, furono rinvenute diverse sepolture di epoca pre-romana, la cui importanza destò enorme scalpore. (1)
Nella necropoli di Cales, antichissima città degli Ausoni in Campania, il prof. Werner Johannowsky, direttore degli scavi, individuò una tomba etrusca a fossa ad inumazione singola con pareti rivestite di ciottoli calcarei.
La sepoltura, dalle dimensioni di circa quattro metri di lunghezza per due metri di larghezza, conteneva vasellame, armi, utensili da cucina, oggetti di ornamento e di cosmesi realizzati con elevati livelli di perfezione tecnica e decorativa dai laboratori etruschi nel corso dei secoli di vita della loro civiltà.
Specificatamente, al suo interno vi erano un centinaio di pezzi tra vasi di bucchero sottile (16), bucchero rosso (9), impasto (9) e argilla figulina (13), un magnifico balsamario di vetro blu, vasellami (11), anelli ed armille (5), fibule (9) e oggetti vari di bronzo (3), fibule di argento (3), fibule (2), cuspidi di lancia (3), spiedi (5) e diversi arnesi di ferro (11).
La pregevole fattura e la cura nei minimi particolari della maggior parte dei reperti archeologici rinvenuti fanno propendere senza ombra di dubbio per l’attribuzione del corredo funerario ad un importante personaggio dell’antica Cales, un capo tribù indigeno o un famoso guerriero o addirittura una donna eminente dell’aristocratica, anche se simili oggetti nella civiltà etrusca, secondo un’altra corrente di pensiero, “non vogliono tanto descrivere la realtà dell’individuo ma piuttosto celebrarne la compiutezza delle potenzialità.” (2)
Il corredo funerario
La sepoltura calena a fossa ad inumazione singola, contrassegnata dal numero 1, è contemporanea in Etruria a tombe a tumulo con diverse deposizioni, che presentano il rischio di una commistione di pezzi appartenenti ad epoche diverse e successive, con il tradursi necessariamente in un’incertezza di datazione.
Tale inconveniente non sussiste invece in quella di Cales, la cui cronologia, ricavata dagli oggetti associati, appare scevra da ogni dubbio e possibilità di errore perché tutto il materiale fu deposto simultaneamente.
Tra questi pezzi, la presenza di un’oinochoe trilobata di argilla arancione, che mostra fra le decorazioni un motivo a scacchiera, accomunata ad un aryballos (caratteristico vasetto per unguenti) di ceramica tipica del tardo protocorinzio, è stata determinante per datare l’intero corredo tra il 675 e il 625 a. C.
Oltre questa sontuosa sepoltura del primo orientalizzante, furono rinvenute altre due (n. 2 e n. 6) contenenti un corredo funerario costituito da reperti archeologici certamente molto meno interessanti ed in numero notevolmente ridotto.
Bisogna sottolineare, inoltre, che tali tombe, rispetto alla n. 1, non sono a cavità con ciottoli ma a fossa semplice e, per la presenza di bucchero di transizione, si inquadrano cronologicamente in un periodo compreso tra il 625 e il 575 a. C.
Per quanto concerne le zone di provenienza, la varietà e la diversa manifattura degli oggetti ci inducono a ricercarli in vari ambiti territoriali.
Il commercio etrusco
In Etruria si rintracciava tutta la serie del “bucchero sottile“, mentre la produzione del cosiddetto “bucchero rosso“, un impasto a superficie rossa corallina e con forme proprie, si reperiva nelle officine e nelle botteghe locali dell’antica Cales.
Le fibule a drago con protuberanze a ghianda erano presenti in diverse zone, dall’Italia settentrionale al Piceno e specificatamente in Campania, associate in questo corredo alle fibule a globetti tipiche dell’Etruria.
Alla produzione rodia o magnogreca di imitazione rodia si ispiravano la bellissima oinochoe bronzea e la serie dei bacini della stessa lega metallica; al contrario, i bombylioi e l’ariballos derivavano dalla manifattura etrusco-corinzia.
All’Etruria meridionale e centrale ci riportava, infine, la presenza rispettivamente del tipo di piatto di argilla figulina con due piccole anse a nastro disposte orizzontalmente sui lati e del balsamario di vetro blu.
Quest’ultimo piccolo contenitore utilizzato per conservare balsami e oli profumati di stile greco-orientale dell’età del bronzo finale è da considerare come un’autentica perla rara.
Tutti i vasetti in vetro dell’epoca conosciuti in Italia e nel mondo si contano sulle dita di due mani e l’esemplare di Cales, ben conservato e perfettamente integro, è uno dei più incantevoli.
Appare dunque chiaro che la capitale dell’Ausonia si aprì al cosiddetto “commercio etrusco” dal VII secolo in poi.
L’intensa attività commerciale si sviluppò lungo un percorso terrestre per i legami con l’Etruria interna e le rotte marittime del Mediterraneo per i contatti con Caere (l’odierna Cerveteri) e con le due città greche di Corinto e Rodi, la prima padrona incontrastata nel campo della ceramica e la seconda protesa a diventare realtà nel repertorio dei bronzi e dei beni di lusso in genere.
La vita agiata degli Etruschi
Oltretutto, la presenza nella tomba di una serie di utensili di uso domestico, utilizzati per la cottura delle carni e per il consumo del vino nelle feste e nei banchetti, dimostra inequivocabilmente che gli abitanti di Cales nello specifico e gli etruschi in generale vivevano nell’agiatezza.
Inoltre, gli stessi erano degli autentici maestri nell’arte del trucco e nella cura della persona.
Lo storico siceliota Diodoro Siculo, autore di una monumentale storia universale, narra che
“essi (gli Etruschi) abitano in una regione che produce di tutto e, impegnandosi nel lavoro,
hanno frutti con cui non solo nutrirsi a sufficienza, ma anche concedersi una vita di piaceri e di lusso.” (3)
In un altro passo, lo stesso autore sottolinea che ”
… (gli Etruschi) detenevano una sorta di primato quanto a sfarzo nel modo di vivere…“. (4)
Il sontuoso corredo rinvenuto nel 1962 nella sepoltura n. 1 di Cales sarebbe sufficiente per allestire un museo etrusco nella cittadina calena.
L’intera collezione può essere ammirata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
In alternativa, con l’auspicio che possa essere esposta a Calvi, è possibile visionarla nel documento digitale allegato.
Bibliografia:
1) A. Valletrisco, Su un corredo etrusco ritrovato a Cales e custodito nel Museo Nazionale di Napoli, in RendNap. XLVII, 1972, Napoli 1972, pp. 221 – 239.
2) Donne dell’Etruria padana dall’VIII al VII secolo a.C. Tra gestione domestica e produzione artigianale, a cura di Luana Kruta Poppi e Diana Neri, Firenze 2015
3) Diodoro Siculo, V 40-4, I secolo a.C.
4) Diodoro Siculo, VIII 18-1, I secolo a.C.
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