La trappola per Francesco II
La più grande battaglia del risorgimento italiano fu combattuta tra la fine di settembre e i primi di ottobre 1860 presso il fiume Volturno.
L’esercito borbonico, bene armato ed equipaggiato, non riuscì a sfondare le linee nemiche consentendo ai volontari garibaldini di riportare una vittoria, seppur difensiva.
Per i napoletani, la situazione da quel giorno diventò sempre più critica.
Dopo il pesante insuccesso, con le camicie rosse che premevano da sud, e l’esercito sabaudo che scendeva da nord, Francesco II non disperò tuttavia di riconquistare il trono.
Domenica 14 ottobre 1860 il Re di Borbone convocò a Calvi con la massima sollecitudine il generale in capo dell’esercito Maresciallo Giosuè Ritucci per urgenti consultazioni al fine di riprendere l’offensiva contro le “bande garibaldesi”.
Il Ritucci, accompagnato dal tenente colonnello Giovanni Delli Franci, ufficiale Superiore dello Stato Maggiore dell’Esercito Napoletano, si precipitò immediatamente a Calvi Vecchia.
Il colloquio, faccia a faccia senza la presenza di altre persone, si svolse nella piccola dogana borbonica che ospitava il corpo di guardia dei carabinieri reali, e che di lì a poco diventerà il quartier generale di Giuseppe Garibaldi nei giorni di permanenza del dittatore sul territorio caleno.
Le sollecitazioni del Re
Il Re, da una parte, incoraggiava, a causa del deterioramento della situazione politica e militare, la ripresa senza indugio delle ostilità contro i garibaldini per permettere all’esercito borbonico di entrare vittorioso a Napoli evitando in tal modo che il 21 ottobre si effettuasse il plebiscito per l’annessione del meridione al Regno di Sardegna e contestualmente togliendo alla rivoluzione il pretesto di annunciare “sotto mentite spoglie” che la maggior parte della popolazione votasse a favore del nuovo ordine politico.
Dall’altra, il generale in capo, un uomo estremamente prudente ed esitante, manifestava l’inopportunità di una nuova offensiva perché ciò non assicurava la vittoria finale, anzi si correva il rischio di arrecare un danno irreparabile alla dinastia e all’indipendenza della patria.
Ma il Re, pur accogliendo le tesi esposte, sollecitò insistentemente il suo generale a battersi nuovamente contro il nemico.
La conversazione durò due ore e alla fine ognuno rimase sulle proprie posizioni senza ombra di cedimento.
Il Re, ancora giovane ed inesperto, non pretese di imporre le sue idee ad un vecchio generale, ma prima di accomiatarsi, non essendoci molto tempo a disposizione, gli consigliò di ritornare a Capua e discutere con i generali Won Meckel e Polizzy dell’opportunità di impiegare l’esercito in una battaglia decisiva contro i nemici.
I consigli del Maresciallo Ritucci
Terminato l’incontro con il Re delle Due Sicilie, il Maresciallo Ritucci s’intrattenne per un po’ con il Cappellano del 2° battaglione dei cacciatori della guardia schierato a Calvi Vecchia.
Il prelato riferì al comandante di una confidenza fatta, sotto il sigillo del segreto, da un popolano caleno riguardante una congiura ordita ai danni del Re.
Specificatamente, il tizio, passando vicino ad un gruppetto di persone formato da tre o quattro elementi, aveva sentito parlare, senza voltarsi per il timore di essere scoperto, della meticolosa preparazione della trappola.
Gli effetti dell’imboscata si sarebbero fatti sentire nella loro interezza lunedì 21 o martedì 22 ottobre della settimana successiva.
Considerata l’importanza e la gravità del progetto delinquenziale, lunedì 15 ottobre il vecchio generale informò immediatamente il Re di non avventurarsi troppo in luoghi insoliti e di rafforzare il servizio di vigilanza durante i continui spostamenti nel Regno di Napoli.
Questo interessante episodio, per lo più sconosciuto agli storici, è emerso grazie al ritrovamento di una inedita missiva conservata nell’archivio di una biblioteca napoletana scritta dal comandante in capo Giosué Ritucci ed inviata a Sua Maestà Francesco II dalla piazzaforte di Capua il 15 ottobre 1860.
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