Le missive da Calvi del Re Ferdinando I
Il 21 novembre 1459, la strategica Calvi fu conquistata da Marino Marzano, principe ribelle.
La notizia ebbe un grande risalto nel regno partenopeo e non solo.
Il re di Napoli, Ferdinando I, prima di ogni cosa, iniziò a radunare un esercito per riconquistare la cittadina calena.
Le truppe appiedate e a cavallo furono ammassate in prossimità del Castello di Calvi.
L’accampamento non era molto distante dalla città, considerando la limitata gittata delle bombarde.
Specificatamente, seguendo l’attuale tracciato della SS. Casilina, era spostato più verso est “havendo il Rè piantato il Campo da la parte di mezo dì “. (1)
Il sovrano napoletano guidò personalmente le sue truppe durante l’assedio e l’assalto alla città.
A Calvi, Ferdinando I o Ferrante soggiornò nove giorni e otto notti.
Dal suo campo, inviò undici missive ai suoi più stretti collaboratori e alleati, di cui due scritte in catalano-aragonese.
La prima fu spedita il 13 dicembre 1459 a Francesco Sforza, Duca di Milano.
“Da po’ de la venuta nostra de Calabria, essendo successo lo movimento de lo princepe de Rossano adeherendo alo ducha de Lorena et havento comencato ad fare novitate, zoè de pigliarene la nostra citate de Calvi, senca che de ipso pocho si reguardavano li popoli de quella …
nuy, non spectando altro, vinnemo in Capua et da Capua, sequendone tucta via le gente de l’exercito nostro, simo venuti qui a campo di Calvi, et con bombardi havemola multo strecta per sì facto modo che sperano prestamente, con lo auxilio de Dio, reducerela al domnio nostro.
Sta con pocha reputacione et speramo farelo stare con meno suo honore, havuto che habiamo Calvi, et non è che del’essere restato cussì non si penta, actento che in quisti, de chi forte confidava, non li hanno corresposto al suo voto come forse luy se credea.” (2)
Le lettere del 15 dicembre 1459
Nei giorni seguenti, il sovrano inviò altre missive dall’accampamento di Calvi.
Specificatamente, sabato 15 dicembre 1459 dell’ottava indizione ne spedì tre.
La prima a Martino di Santa Croce, suo familiare.
Amato nostro.
Rifiuto la vostra lettera e le accettazioni riguardanti la vicenda del Duca di Venosa.
In merito, vi dico di eseguire le istruzioni della Regina, mia moglie, che vi scrive in serata.
Nella seconda, il re scrisse alla sovrana Isabella Chiaromonte.
Serenissima Regina, Martino di Santa Croce, Castellano di Acerra, ci ha scritto per chiedere consiglio su come comportarsi per l’entrata nel castello di Acerra del Duca di Venosa.
Noi abbiamo risposto di attenersi alle indicazioni vostre della sera.
Ma, per evitare inconvenienti e non scandalizzare il suddetto Duca, è mia intenzione scrivere a Martino.
Il re consiglia a quest’ultimo di dire di non sapere dell’arrivo del Duca e di avvisare la corona per sapere il da farsi.
Tuttavia, Martino non può ricevere un danno entrando l’ospite con altri tre o quattro o tanti che lui conosceva.
Infine, lo esorta a pregare il Duca di avere pazienza non potendo fare altro, avendo il castello ad uso della corona di Spagna.
La terza a Giacomo Zumbo, suo ambasciatore a Venezia.
Da un po’ siamo partiti e siamo arrivati al campo della città di Calvi.
Difatti, abbiamo piazzato le bombarde e la teniamo ben stretta.
Speriamo presto di comunicarvi buone novelle.
L’armata dei nostri nemici si è “disintegrata”.
La nave si è spostata a levante e lo stesso hanno fatto le galere per mancanza di denaro e per il malcontento degli uomini.
Il Duca di Lorena è rimasto a Teano con 100 fanti della sua armata.
Non c’è altro di nuovo.
Se avete avuto una nostra lettera, vi mandiamo Nicolò Cavali.
Infine, il re esorta l’ambasciatore a racimolare più denaro possibile.
Nei giorni seguenti
Invece il 16 dicembre, spedì un solo messaggio a Martino di Santa Croce.
Per quanto hanno e avete scritto, ci è stato riferito del fatto del Duca di Venosa.
Noi vi rispondiamo, anche secondo gli altri scritti, di fare ciò che la nostra Regina vi ha ordinato la sera.
Il regnante napoletano era preoccupato dell’andamento della vicenda con le loro decisioni.
Il 17 dicembre, il regnante indirizzò un messaggio alla propria consorte.
Alla Regina Isabella
Voglio che ci inviate Arnau Sant, Castellano di Castel Nuovo (o Maschio Angioino) e lo pregate per amore e servizio nostro di recarsi a Sorrento lasciando i fratelli o qualcuno fidato nel predetto maniero.
Il piano era di impossessarsi della casa degli “Aczapaczi”, inviando con lui altre due persone:
l’intendente al fine di acquisire tutti i beni dei ribelli e convertirli in denaro;
un altro individuo per assoldare maestri e comprare le cose necessarie con il ricavato.
Avendo poi subodorato che alcuni angioini tramassero in quelle terre, la esortò ad inviare trecento uomini armati per catturare tutti i sospettati usando tutta la diligenza e sollecitudine.
Le quattro epistole del 20 dicembre
Il 20 dicembre, Ferrante ne inviò ben quattro.
A Giacomo Perpignano, consigliere del Re
Magnifico e diletto consigliere nostro.
Vi esortiamo a parlare con Giovan Antonio De Toxa di quei denari come voi diceste.
A Matteo da Capua
Più lettere abbiamo scritto al Gran Siniscalco e diciamo anche a voi di spiare i movimenti di Antonio Caldora e del Conte di Campobasso (Cola di Monforte ndr).
Inoltre, se si radunassero o venissero qui o al campo di Isernia, inviereste a noi più messi.
E voi con il Gran Siniscalco, il conte Camerlengo e messer Marino Caracciolo seguiteli da vicino.
Lo scopo era di ostacolare la loro missione.
Se i nemici si dovessero congiungere con il Principe di Rossano, dovreste venirgli dietro.
A riguardo, usate tutta la sollecitudine e diligenza e comunicate il tutto al Gran Siniscalco.
Alla Regina Isabella
Serenissima Regina, siamo qui a Calvi senza soldi e in pericolo di perdere questa campagna.
Perciò, se amate il bene comune, vi esorto con solerzia a racimolare la maggior somma di denaro.
Inoltre, provvedete ad inviare diversi quantitativi di grano alla città di Gaeta per la miglior via.
Da dove vi trovate, è necessario ancora un vostro sforzo per aiutarci.
Abbiamo ricevuto le lettere di Sperone Di Gennaro e la copia della risposta del Principe di Taranto al Duca d’Andria.
Al Vescovo di Teano
Essendo indispensabile rifornire di grano alcuni nostri territori in prossimità del fiume Garigliano, (e non avendo un altro luogo più comodo per avere i cereali che la nazione della Santa Sede) la preghiamo affettuosamente di intercedere e supplicare il Santo Padre di autorizzare la fornitura di cinque o seimila tomoli di grano con i soldi dei regi alle suddette terre.
Saremo per sempre grati a sua Santità e a lui obbligati.
L’ultima del 21 dicembre 1459
L’ultimo giorno della sua permanenza a Calvi, Ferrante inoltrò una sola epistola.
A Matteo da Capua
In queste ore abbiamo avvistato con certezza Antonio Caldora a Fornelli di Isernia.
È intenzione di costui riunirsi con il Conte di Campobasso, Giacomo di Montagano e Carlo di Sangro per venire a Teano.
Mi meraviglio che non vi siate messo alla coda con il Gran Siniscalco e gli altri alleati.
Perciò, vi preghiamo e comandiamo subito di stare dietro ai nostri nemici che noi di qua siamo numericamente sufficienti.
In tal modo, “li metteremo in mezzo”.
Speriamo con l’aiuto di Dio di farli pentire della loro venuta.
Il 21 dicembre, il re partenopeo lasciò la città calena per indietreggiare a Capua.
Il giorno precedente era stato sonoramente sconfitto dai baroni ribelli nella storica battaglia intorno al Castello di Calvi.
Bibliografia:
1) Giovanni Antonio Summonte, Historia della città e Regno di Napoli, tomo III, Napoli, 1749
2) Ferrante D’Aragona a Francesco Sforza, Campo contro Calvi, 13 dicembre 1459
3) Codice Aragonese, Honoré Champion, Parigi 1912
© Riproduzione riservata