La lettera di Cicerone redatta a Cales il 28 gennaio 49 a.C.
Marco Tullio Cicerone fu una delle figure più rilevanti di tutta l’antichità romana.
La sua vastissima produzione letteraria riguardò i più svariati argomenti:
- orazioni politiche
- dialoghi e trattati filosofici
- opere di retorica
- ritratto della società romana negli ultimi anni della repubblica
La sua opera rimase come esempio per tutti gli autori, tanto da poter essere considerata il modello della letteratura latina.
Nelle aule dei tribunali, poi, non aveva rivali.
Ancora oggi i suoi scritti sono considerati il fulcro degli studi classici.
Ma Cicerone visse in un’epoca difficile.
Conobbe tre grandi guerre civili:
- la contrapposizione tra Gaio Mario e Lucio Cornelio Silla
- la congiura dell’aristocratico Lucio Sergio Catilina
- le tensioni a Roma al tempo di Giulio Cesare.
Inoltre, subì l’esilio, si vide espropriare i beni da avversari politici, e perse le sue ricchezze e la sua famiglia.
Per quanto concerne la sua vita privata, le Epistole ad Attico ci permettono di conoscere meglio Cicerone.
La raccolta, suddivisa in sedici libri e comprendente 454 lettere, scritte tra il 68 e il 44 a.C., è indirizzata a Tito Pomponio Attico, uomo di grande cultura, ricco, appartenente al rango equestre e non schierato politicamente.
Le epistole contengono le riflessioni dell’oratore di Arpino sulla propria carriera politica, sui rapporti con Pompeo, sugli scandali e i segreti dell’aristocrazia romana ma anche sulle questioni familiari e finanziarie.
Insomma, ciò si configura come uno strumento utile per scandagliare le pieghe più recondite dell’animo di colui che affidò a quest’opera il ritratto ufficiale.
L’arrivo a Cales
Nel libro settimo dell’epistolario, si legge che Cicerone lasciò Roma a gennaio del 49 a.C. per raggiungere il basso Lazio.
Il filosofo si mostrò preoccupato e ansioso per l’andamento della guerra civile, incerto se schierarsi con Pompeo o con Cesare.
Inoltre, soffrì a più riprese di una congiuntivite (lippitudo), che lo costrinse a dettare le lettere.
Raggiunta Formia e poi Minturno, partì il 24 gennaio del 49 a.C. alla volta di Cales percorrendo la Via Appia.
Il giorno seguente, l’arpinate lasciò il municipio caleno per recarsi a Capua.
Qui sostò tre giorni per provvedere al reclutamento dietro richiamo di Pompeo.
Il 28 di ritorno da Capua, Cicerone si fermò nuovamente a Cales.
Il contenuto della missiva
Dalla sua amata città scrisse un’altra epistola.
“Sono dell’opinione che tutte le tue lettere mi sono state recapitate in ordine cronologico tranne la prima da Terenzia.
Delle proposte di Cesare, della venuta di Labieno e delle risposte dei consoli e di Pompeo, ti ho risposto nella missiva inviata il 26 gennaio da Capua, e nella quale ho affrontato parecchie altre questioni.
Al momento, due sono gli argomenti su cui si concentra la nostra attenzione:
- la reazione di Cesare dopo aver ascoltato le proposte che Lucio Cesare fu incaricato di trasmettergli;
- le intenzioni di Pompeo
Lo stesso Pompeo mi scrive che tra pochi giorni disporrà di un esercito poderoso e ci fa sperare che, se verrà nel Piceno, torneremo a Roma.
Ha con sé Labieno, il quale da per certo la poca consistenza delle truppe di Cesare, dal cui arrivo il nostro Gneo ha preso più coraggio.
Mi è stato ordinato dai consoli di venire a Capua alle None di febbraio.
Da Capua sono andato a Formia il 28 gennaio.
Quel giorno stesso, ricevuta a Cales la tua lettera verso le nove, ti ho subito scritta questa.
Per quanto concernere Terenzia e Tulia, approvo il tuo pensiero.
Se non sono ancora partite, non c’è motivo che si muovano da Roma finché non avremo visto come si mettono le cose.”
Scr. Calibus a. d. iii K. Febr. a. 705 (49)
Omnis arbitror mihi tuas litteras redditas esse, sed primas praepostere, reliquas ordine quo sunt missae per Terentiam. de mandatis Caesaris adventuque Labieni et responsis consulum ac Pompei scripsi ad te litteris iis quas a. d. v Kal. Capua dedi, pluraque praeterea in eandem epistulam conieci.
Nunc has exspectationes habemus duas, unam quid Caesar acturus sit cum acceperit ea quae referenda ad illum data sunt L. Caesari, alteram quid Pompeius agat; qui quidem ad me scribit paucis diebus se firmum exercitum habiturum spemque adfert, si in Picenum agrum ipse venerit, nos Romam redituros esse. Labienum secum habet non dubitantem de imbecillitate Caesaris copiarum; cuius adventu Gnaeus noster multo animi plus habet.
Nos a consulibus Capuam venire iussi sumus ad Non. Febr. Capua profectus sum Formias a. d. iii Kal.; eodem die cum Calibus tuas litteras hora fere nona accepissem, has statim dedi. de Terentia et Tullia tibi adsentior; ad quas scripseram ad te ut referrent. si nondum profectae sunt, nihil est quod se moveant quoad perspiciamus quo loci sit res. (1)
Cicerone tornerà ancora nella sua beneamata Cales.
Ma di questo parleremo in modo più approfondito nel corso di una prossima ricerca.
Bibliografia:
1) Marco Tullio Cicerone, Ad Atticum, Libro VII, 16
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