L’Hospitale di Calvi
L’Hospitale di Calvi era una struttura destinata ad offrire ospitalità a chi ne avesse avuto bisogno.
Specificatamente, la funzione principale consisteva nell’alloggiare i viandanti che non potevano permettersi di pagare un letto in una locanda.
Calvi infatti rappresentava una città di transito sulla Via Latina per le schiere di pellegrini dirette a Bari.
Con il passar del tempo, oltre a ricovero per i forestieri, divenne un luogo di accoglienza per i poveri e gli infermi affetti da malattie o menomazioni non curabili (ciechi, storpi e paralitici).
In origine, l’Hospitale di Calvi era un’istituzione fondata dall’autorità ecclesiastica locale con scopi dichiaratamente religiosi.
Controllata dal Vescovo che ne annotava la presenza nelle relazioni inviate al Papa, fu sostenuta in seguito anche dai laici.
Anticamente, quindi, l’ospedale non era, come intendiamo noi, una casa di cura specifica, ma soltanto un luogo di assistenza generico.
La “casa d’accoglienza” di Calvi apparteneva originariamente al Monastero dei Frati Minori di San Francesco della Scarpa.
Situato fuori delle allora mura della città nuova, l’istituto viveva di redditi prodotti da lasciti di cittadini e di elemosine.
Solitamente metteva a disposizione dei pellegrini un buon letto e non contemplava la possibilità di offrire loro del cibo.
Le prime informazioni
L’istituzione calena esisteva già dal tardo medioevo.
Ciò nonostante, la prima notizia ufficiale dell’esistenza della “domus ospitalis” risale al 21 giugno 1555.
L’accordo tra la Città di Calvi e l’ordine religioso dei francescani contemplava tra l’altro anche l’Hospitale.
“Item che detta Religione et Guardiano con lo procuratore sia tenuta di manutenere lo Hospitale
… con tenersi in detto hospitale 4 matarazzi buoni con 4 sacconi et 4 scoscine a baltei, et un altro letto debba tenersi ad altro hospitaliere.” (1)
All’ordine monastico e al Guardiano affidarono la cura e la custodia dell’ospedale.
La struttura deteneva quattro materassi buoni, quattro sacconi e quattro cuscini con balze (fascia ornamentale alle estremità).
Un altro letto era disponibile per un eventuale ospite.
Ulteriori informazioni si desumono dalla relazione “ad limina” inviata dal Vescovo Fabio Maranta al Papa nel 1586.
In Calvi “ci è solamente uno Monasterio de Frati minori di S. Francesco della scarpa, il quale si bene ha capitulazione con essa città di tenerci quattro Frati di Messa,
et l’hospidale in ordine per li poveri Pellegrini et per l’Amalati, tutta volta non ce ne stanno si non uno ò doi, et per hospidale da poco tempo in quà, non tene altro che due camere nude per la mancanza dell’intrate per li territorij che non s’affittano come prima.” (2)
In base all’accordo stipulato con la città di Calvi, l’ordine religioso disponeva di quattro frati di messa.
Inoltre, gestiva l’adiacente Hospitale sorto per accogliere i pellegrini e gli ammalati.
Il documento, in riferimento all’antico ospizio, evidenzia che la struttura di Calvi ospitava nel 1586 uno o due ammalati.
Inoltre, da qualche anno prima, aveva due camere vuote a causa delle mancate entrate derivanti dall’affitto delle terre.
L’istituzione più antica
L’Hospitale di Calvi era la più antica struttura di quel genere presente nell’agro caleno.
Le ragioni erano da ricercare nella presenza a Calvi dell’Episcopato ma soprattutto del Monastero di San Francesco.
Solo verso la fine del Cinquecento, gli altri paesi del circondario allestirono case di accoglienza.
Sempre dalla relazione “ad limina” del 1586 inviata dal Vescovo Fabio Maranta al Pontefice si evince:
“Nella Torre di Francolisi, oltre la Curata, ci è una altra chiesa sotto il nome di S. Maria della Carità
… la qual chiesa oltra l’Arciprete che ha cura dell’Anime di quello luogo, tiene doi altri Preti et uno Sacristano, et anco ha peso di tener uno Hospidale, per alloggiare Pellegrini, et poveri Amalati.” (3)“Nel casale di Sparanisi luogo, come si è detto, della Diogesi, ci è anco uno Hospidale nuovamente fatto che alloggia Pellegrini.” (3)
A Pignataro, la prima notizia si ricava dalla Platea del Vescovo Maranta redatta nel 1588.
Secondo lo storico Nicola Borrelli, “esso aveva sede in un vecchio fabbricato del Comune che, riattato, divenne poi Carcere Mandamentale“.
Per quanto concerne l’ubicazione dell’Hospitale di Calvi, l’edificio era attiguo al Monastero di San Francesco.
Nella relazione “ad limina” trasmessa dal Vescovo Francesco Falcucci nel 1654 si legge:
“Inter Civitatis ruinas extat quoque alia ecclesia sub titulo SS.ma Anuntiatae, olim Conventualium fratum S. Francisci Monasterium” (4)
La struttura, pertanto, fu eretta senza ombra di dubbio tra le rovine dell’antica Cales.
Inoltre, ritengo lecito supporre che l’Hospitale, fosse posizionato sulla Via Latina nel cuore della città romana all’incrocio Cardo/Decumano.
Il controllo diretto della chiesa calena
Verso la metà del seicento, il cadente cenobio dei conventuali francescani fu soppresso.
Nel 1642, con facoltà dello Sommo Pontefice, i beni dell’antico monastero dell’A.G.P. confluirono in quelli dei Canonici di Calvi.
La soppressione avvenne il 31 marzo 1644 ad opera del Vescovo Gennaro Filomarino con la Bolla di Papa Urbano VIII spedita il successivo 7 maggio alla Curia Metropolitana di Capua.
Nella relazione del 1654, il Vescovo Francesco Falcucci aggiunse:
“a paucis vero Annis de ordine Sanctae Memoriae Urbani Octavi suppressum, eiusquis et si pauci redditus, medio eiusdem Summi Pontificis bene supra eis canonicis una cum onere fuerunt assignati.” (4)
Così l’Hospitale di Calvi passò sotto il controllo diretto della chiesa calena.
Nel 1656, il Regno Di Napoli fu duramente colpito da un’epidemia di peste.
Il terribile morbo provocò conseguenze devastanti sulla popolazione.
Dalla relazione “ad limina” del Vescovo Francesco Maria Falcucci del 1659 si desume che l’alto prelato si prodigò per aiutare le persone colpite dalla pestilenza, non solo quelle della diocesi ma anche tutti i viandanti che transitavano per l’Appia e la Via Latina, predisponendo un certo numero di sacerdoti.
A tal fine, verosimilmente il vecchio Hospitale ebbe un ruolo di rilievo nell’accogliere i malati.
In seguito, le finalità del complesso caritatevole furono espresse chiaramente dalle autorità ecclesiastiche.
Il Sinodo del Vescovo De Silva
Il 22 maggio 1680, il Vescovo di Calvi Vincenzo Maria De Silva affrontò nel Sinodo (5) il tema della povertà.
“Cristo volle che la cura dei poveri fosse precipua;
ad essi perciò si soccorre con grande pietà se si costruiscono ospedali e altri luoghi consacrati alla pietà.”
In essi i malati, privi dei genitori, i bambini esposti, colpiti da continue malattie, i pellegrini e altri individui miserabili dovevano essere accolti e nutriti.
Il Vescovo affidò l’amministrazione degli Hospitali a uomini “provvidi, discreti e di buona fama“.
Quest’ultimi, erano tenuti a redigere ogni anno un inventario dei beni posseduti.
Il De Silva passò poi a fare una distinzione tra poveri e poveri.
Alle persone miserabili ma capaci, cioè idonee a lavorare, si impediva “di andar mendicando porta a porta“.
Inoltre, non avevano il diritto di essere aiutati nell’Hospitale.
Invece, gli individui colpiti da malattie si sostenevano con congrue elargizioni essendo impossibilitati a procurarsi cibo e vestiario.
Il responsabile dell’Hospitale sarebbe stato rimosso qualora avesse accolto i falsi invalidi e trascurato i veri bisognosi.
In aggiunta, pose delle limitazioni ai pellegrini.
Per evitare di arrecare danno agli abitanti poveri del luogo, vietò l’alloggio ai viandanti e concesse loro solo la refezione.
La figura del medico
I pellegrini dunque erano rifocillati ma contestualmente obbligati a proseguire nel cammino.
Per quanto riguarda le suppellettili, si richiedeva una ordinata disposizione dei letti “mondi e nitidi “.
In caso di richiesta d’intervento sanitario, il medico curava prima l’anima e successivamente il corpo degli infermi.
Nell’istituto, le donne dormivano separatamente dagli uomini per la presenza di persone forestiere.
Anche i bambini piccoli riposavano lontani dai maggiorenni, a meno che non fossero “congiunti per gradi di consanguineità o di affinità.”
L’Hospitale di Calvi continuò negli anni a prestare la sua opera per i bisognosi.
Purtroppo, non è dato sapere l’anno di cessazione della preziosa e caritatevole assistenza.
Bibliografia:
1) Accordo della Città di Calvi e l’ordine dei francescani stipulato il 21 giugno 1555
2) Archivum Secretum Apostolicum Vaticanum, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 172A, Foglio 41 recto e verso
3) Archivum Secretum Apostolicum Vaticanum, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 172A, Foglio 41 recto e verso
4) Archivum Secretum Apostolicum Vaticanum, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 172A, Foglio 444 recto e verso
5) Constitutiones / Dioecesanae Synodus / celebratae in Ecclesia Cathedrali / 22 Maij 1680 / Ab Illustriss.mo et Reverendiss.mo Dno / D. F. Vincentio M. De Silva
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