Abitanti di Zuni, un caso di intossicazione
L’intossicazione alimentare, anche detta malattia ad origine alimentare, è un disturbo provocato da alimenti contaminati da batteri, tossine o parassiti.
Negli anni immediatamente dopo la fine della seconda guerra mondiale, il commercio ambulante riprese vigore.
Tra i pochissimi venditori itineranti caleni, si annoverava un certo Pietro Zona.
Alto all’incirca 1,70, di costituzione corporea normale e di capelli chiari, era nato a Zuni.
Lo conoscevano tutti con il nomignolo “la tentazione” perché si salvò miracolosamente quando con il carretto e l’asino finì giù dal ponte di Calvi Vecchia nel rio dei Lanzi.
Purtroppo l’asino morì sul colpo.
Aveva lasciato il suo paese d’origine per trasferirsi a Pignataro Maggiore, dove si era sposato.
Nella cittadina alle pendici della collina di San Pasquale gestiva una “cantina”, una specie di osteria, in Via Vittorio Veneto.
Il formaggio giallo paglierino
Spesso, però, tornava nella frazione calena con un carretto trainato da asini o cavalli per vendere di volta in volta quello che gli capitava: alici salate o sarde, baccalà, olio, prodotti vari e soprattutto formaggio.
Quest’ultimo, a pasta molle di latte di mucca, si caratterizzava per il colore giallo paglierino, per la consistenza particolarmente morbida e per il sapore intenso di latte bovino.
Il formaggio, a forma rettangolare e di pezzatura medio – grande, era conservato in contenitori di latta.
Pietro Zona sostava principalmente in Piazza Umberto I, ma non disdegnava di fermarsi ogniqualvolta qualcuno gli chiedeva della merce lungo le strade della frazione calena.
Mercoledì 10 settembre 1952 fu una giornata come tante altre a Zuni.
Il venditore, arrivato in piazza, iniziò a vendere la mercanzia, compreso il formaggio.
Dopo averlo consumato, numerosi abitanti di Zuni alta e del “Seminario“, compresi i miei nonni materni, furono assaliti da atroci dolori addominali.
Non si registrarono vittime
Le lancinanti fitte intestinali obbligarono diverse persone a raggomitolarsi per terra.
I sintomi più diffusi dell’intossicazione furono: diarrea acquosa, crampi, e in determinati casi, vomito o nausea.
Il borgo caleno visse momenti di autentico terrore.
I malcapitati dovettero ricorrere alle cure sanitarie.
Ai pochi medici presenti in loco, si affiancarono svariati colleghi provenienti dai paesi limitrofi.
I carabinieri di Calvi Risorta avviarono una rigorosa inchiesta finalizzata ad accertare le responsabilità del venditore ambulante.
Intanto, la direzione dell’ufficio igiene acquisì un certo quantitativo del formaggio avariato per gli accertamenti del caso.
Per fortuna, la diffusa intossicazione alimentare non provocò vittime.
Non fu rilevata colpa nella condotta di Pietro Zona, tanto che continuò a vendere i prodotti caseari con il suo carretto.
Alcune testate giornalistiche a tiratura regionale e nazionale riportarono la notizia dandone grande risalto.
Se questo fosse accaduto ai giorni nostri, più dello stuolo di medici, avremmo visto in giro un folto gruppo di agguerriti avvocati al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti dai malcapitati.
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