I proverbi caleni (3° parte)
I proverbi sono espressioni colorite e sarcastiche legate alla tradizione popolare e al modo di vivere di una comunità.
Per molto tempo in passato sono serviti a liberare istinti, tensioni e desideri dalla psiche del popolo immerso nella quotidianità.
Attualmente, invece, per alcuni di loro resta difficile coglierne la sottile ironia e il loro significato.
Ciò malgrado, qui troverete un’altra selezione di curiose espressioni con le relative spiegazioni.
P’ mezz’ e San Michele va pure ‘u riaulu in processione
Questo proverbio è prettamente petrulese.
La statua di San Michele raffigura l’Arcangelo come un guerriero nell’atto di sconfiggere Satana, rappresentato sotto forma di serpente ai piedi.
Così quando i petrulesi portano in processione il santo, anche il diavolo gira per le strade del paese.
‘U sparagnu non è uaragnu
Spesso, se decidi di puntare al risparmio non sempre ne trai un reale vantaggio.
Verosimilmente, l’acquisto ad un prezzo stracciato nasconde oggetti difettosi e di scarso valore o alimenti prossimi alla scadenza.
Quindi, invita sempre ad una spesa oculata e consapevole.
Abba coglie, astemma no
È un’espressione dal significato piuttosto fosco.
Il termine abba deriva da gabbare, prendere in giro, e in senso lato significa anche meravigliarsi
Chi schernisce qualcuno o si fa meraviglia, spesso connessa a un celato godimento, prima o poi si troverà nella medesima situazione.
Invece, la bestemmia o la maledizione rivolta a una persona non produce alcun effetto.
‘U pesce fet’ ‘er ‘a capu
Letteralmente significa che il pesce puzza dalla testa.
Il cattivo esempio proviene dalle persone in posizione apicale e gli errori maggiori sono commessi dai capi.
Quindi, quando le cose non vanno bene, la colpa è sempre di coloro che stanno prendendo decisioni sbagliate.
Seconda sezione
‘U vuoiu ciamma curnutu all’asinu
Il bue dà del cornuto all’asino.
Uno dei più diffusi proverbi legato alla tradizione popolare e contadina.
Si dice di persone che vedono i difetti degli altri, beffeggiandoli e criticandoli, ignorando il fatto che loro sono i primo ad averli, se non addirittura peggiori.
In altre parole, “da quale pulpito arriva la predica” oppure “predicare bene e razzolare male”.
‘A ragion’ è r’i fessi
La ragione è dei fessi.
Con gli sciocchi è inutile discutere e confrontarsi.
Meglio dar loro ragione e ignorarli.
Dunque, non si discute per avere ragione ma per comprendere.
‘A carne ‘a sotto e i maccaruni ‘a coppa
L’espressione indica una situazione paradossale con il condimento sotto e la pasta praticamente in bianco.
In pratica evidenzia un accadimento in cui tutto è il contrario di tutto.
Insomma, siamo di fronte a uno stravolgimento delle gerarchie o al verificarsi di episodi esattamente opposti ad ogni logica.
‘A vita è n’araputa ‘e cosce e ‘na chiusura ‘e cascia
Il proverbio ha uno sfondo macabro/sessuale.
La vita nasce da un rapporto sessuale e termina con la chiusura in una bara.
In altre parole, la vita è breve e bisogna viverla intensamente.
Chi a stagione secca i vietti, ‘e viernu so cunfietti
Chi in estate secca gli ortaggi, in inverno diventano confetti.
L’estate è la stagione ideale per la preparazione delle provviste che poi saranno consumate durante l’inverno.
La morale è quella di conservare nei periodi di abbondanza per consumare in quelli di magra.
Terza sezione
Addò ver’ e addò ceca
Ad litteram: dove vede e dove è cieco.
Riferito ad un soggetto non imparziale che preferisce favorire qualcuno a discapito di altri.
Inoltre, riguarda quelle persone che esprimono giudizi o sentenze in forza di simpatie e di antipatie.
Requia materna: iss a fossa e nui a taverna
Eterno riposo: lui nella tomba e noi in taverna.
La sepoltura dei defunti seguiva rituali e regole che dipendevano dalle varie aree geografiche.
Nel nostro territorio, in base ad antiche usanze di derivazione araba, il rito prevedeva il banchetto dopo il funerale.
Così prese forma “u cuonsulu”, la tradizione dei parenti di portare cibo in abbondanza ai familiari del morto per il pranzo di consolazione.
Stracquo e struttu, cu culu ruttu
Stanco morto, con il culo rotto.
Condizione che prova chi, nonostante l’impegno profuso, non ha ottenuto i risultati sperati oppure gli esiti non soddisfano le aspettative.
Oppure quando una persona non riceve nemmeno un ringraziamento dopo aver dispensato opere di bene.
Zuca a doi zizz‘‘
Succhia da due mammelle.
Metaforicamente, chi attinge da una doppia fonte di reddito o ha entrate extra.
In alcuni casi, la persona svolge un doppio lavoro o una duplice attività.
E voglia ‘e mett’ rum che ‘nu strunzu nun diventa mai babbà
Per quanto si tenta di addolcirlo, uno stronzo non potrà mai diventare un dolce squisito come un babà.
Alla stessa stregua, per quanto lo si cerchi di modellare, un citrullo non potrà mai cambiare in meglio la propria natura.
Più in generale, una persona rimane sempre la stessa con i propri pregi e difetti.
Quarta sezione
Ricett’ ‘u papp’ce vicino a’ noce, ramm’ u tiemp’ che t’ sp’rtosu
Disse il verme alla noce: dammi tempo che ti perforo.
Con l’impegno, la pazienza e la determinazione si possono raggiungere traguardi inimmaginabili.
Quindi, disponendo di un po’ di tempo e di tenacia, si riesce a fare tutto.
Megliu nu’ ciucciu vivu, che nu’ dottor’ muortu
Meglio un asino vivo che un dottore morto.
Quindi, è preferibile una persona ignorante ma viva piuttosto che una colta non in salute o addirittura morta.
Ovvero meglio uno concreto e capace di agire che un saccente che si perde in chiacchiere senza concludere nulla.
Attacca ‘u ciucciu addò rice ‘u padron’
Lega l’asino dove vuole il padrone.
In ambito lavorativo, conviene sempre sottostare agli ordini del proprio datore di lavoro.
Se poi qualcuno da cui si dipende esige azioni che lo danneggiano, bisogna eseguirle lo stesso
Nu’ sputà ‘ncielo, che ‘nfaccia t’ car’
Non sputare in cielo che ti ricadrà sul volto.
Esortazione a non criticare qualcuno perché quel disprezzo prima o poi ti si ritorcerà contro.
Lo stesso dicasi anche per l’ingratitudine e il mancato godimento di un beneficio ricevuto.
Tien’ ‘u pizzu buon’ e ‘a scella rotta
Tenere il becco buono e l’ala rotta.
Il proverbio allude a chi ha un buon appetito seppur in condizioni fisiche non ottimali.
Inoltre, si riferisce a persone sempre pronte a mangiare e restie a lavorare oppure interessate a donne attraenti in presenza di un brutto aspetto.
Quinta sezione
‘U ciucciu porta a’ rammegna e u’ ciucciu s’ ‘a mangia
L’asino porta la gramigna e l’asino se la mangia.
La massima si addice a una persona che fa le cose soltanto per sé, senza tener conto degli altri.
Un classico riferimento è il caso di un ospite a pranzo che, ad esempio, porta una pietanza e se ne mangia buona parte.
Chi parla aret’, ‘u culu ‘i resta
Chi parla alle spalle, il culo gli resta.
Il detto mette in guardia chi sparla di una persona in sua assenza perché costui non merita altra risposta.
A liettu strittu, cor’c’t’ miezu
Se il letto è stretto, coricati in mezzo.
In ogni situazione, anche la più difficile, bisogna impegnarsi per ottenere il miglior risultato possibile, evitando spiacevoli sorprese.
Quindi, nella fattispecie è consigliabile porsi al centro di un letto stretto per evitare rovinose cadute notturne.
T’eggia mett’ a cavallu a ‘nu puorcu
Secondo un’antica tradizione, il popolo conduceva un condannato alla gogna trasportandolo a dorso di un maiale affinché fosse oggetto di scherno e di ingiurie lungo il percorso.
Sicché, l’espressione esorta a mettere pubblicamente qualcuno alla berlina, esponendolo al pubblico dileggio.
‘U scarparu porta l’ scarp’ rott’
Il ciabattino porta le scarpe rotte.
Si dice di chi trascura le proprie esigenze personali per dare la priorità a quelle degli altri.
Oppure, presi dal lavoro, non dedichiamo molte volte a noi stessi il tempo che meritiamo avere.
Addò arrivammu m’ttemmu ‘u spruocculu
Dove giungiamo là poniamo un bastoncino di legno.
Ciò rappresenta il segno da cui riprendere l’attività per portarla successivamente a termine.
La locuzione è usata per rassicurare qualche animo preoccupato dell’intraprendere un lavoro particolarmente gravoso da concludersi in tempi brevi.
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